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Giustizia: il dibattito sullo stupratore seriale libero cancella la ragionevolezza

Redazione
 
Giustizia: il dibattito sullo stupratore seriale libero cancella la ragionevolezza

Sta assumendo contorni assolutamente surreali in dibattito sul fatto che un uomo, condannato in passato per reati sessuali e che ha scontato la condanna, tornato libero abbia violentato una bambina di undici anni senza che qualcuno si sia mosso prima per evitarlo. Una volta che l'uomo, Massimiliano Mulas, 45 anni, è stato arrestato in Friuli, è stato tutto un rincorrersi di interrogativi, di accuse, di recriminazioni, tutti incentrati sul perché nessuno abbia previsto quel che poteva accadere e che, drammaticamente, è accaduto. Cioè perché non lo sia fermato prima, come se la legge italiana potesse arrestare qualcuno in base a sospetti, timori o previsioni.

Giustizia: il dibattito sullo stupratore seriale libero cancella la ragionevolezza

Ora, in attesa che il gip decida il da farsi, Mulas è in una sezione speciale del carcere di Gorizia, dove sono detenuti i predatori sessuali. Si tratta di una cautela perché, lo dice la letteratura ''carceraria'', gli stupratori di bambini non è che, anche in un istituto sottoposto a rigidi controlli, abbiano vita facile.

Ma il punto è un altro: perché, ogni volta che c'è un caso di cronaca eclatante, l'emozione del momento cancella ogni ragionevolezza, che poi può essere sintetizzata nel rispetto delle leggi, che non possono essere modificate a seconda dei titoli di giornale o trasmissioni televisive guadagnano?

In un momento in cui i processi, prima di arrivare in aula, vengono spesso celebrati in studi televisivi, accade che la realtà venga usata per sostenere questa o quella corrente di pensiero, con la prevalenza di chi chiede che il presunto colpevole di turno venga lapidato o quasi.

Quindi, dando per scontato che il caso dello stupratore non fermato prima della violenza sessuale a danni di una bambina sia stato sviscerato dal Barnum di opinionisti ed esperti che ormai hanno messo le tende nelle televisioni, in molti si chiedono come sia possibile che un soggetto, di cui si conosce la ''tara'' che lo spinge ad aggredire le donne, di qualsiasi età, fosse libero, mettendo in dubbio un principio del nostro ordinamento: si può deve perseguire il presunto colpevole, non quello che si pensa possa esserlo in futuro.

Se fosse riconosciuto responsabile di tutte le accuse - per alcune delle quali il pubblico ministero dovrà impegnarsi per vederle accolte -, Mulas rischia una condanna fino a 18 anni di reclusione. Ma per la gente lui è già colpevole, e su questo non ci sono dubbi, e quindi doveva essere messo nelle condizioni di non nuocere prima e non ora.

Però, se una reazione emotiva è comprensibile per la gente comune, quella che segue ''Un giorno in pretura'', non lo è per chi ha posti di responsabilità.
Quindi resta difficile da comprendere le parole del patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, che si è chiesto: ''Come è stato possibile? Se consideriamo i precedenti di chi è accusato di tale nefandezza, sembra non esserci risposta''.

Né meno dure le considerazioni del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia che pone l'interrogativo su ''Come è possibile che un individuo con precedenti specifici da far rabbrividire possa proseguire a macchiarsi di uno dei peggiori crimini concepibili, pedinando, braccando e violentando una ragazzina... agevolato dall’essere privo di qualsiasi strumento di controllo''.
Tacendo, comunque, delle esternazioni di Matteo Salvini che chiuderebbe la faccenda con poco: ''Castrazione chimica per pedofili e stupratori. Problema risolto, come peraltro già fanno altri Paesi europei... E non capisco perché solo la Lega, e pochissimi altri, porti avanti questa battaglia di civiltà''. Ci sarebbe da chiedere se, nel vocabolario giuridico di Salvini, ci sia il concetto di ''errore giudiziario''....

la sola condanna da infliggergli enne accusato di violenza sessuale su una bambina di 11 anni di Mestre, è stato trasferito dal carcere Santa Maria Maggiore a quello di Gorizia. La casa circondariale in Friuli Venezia Giulia sarebbe considerata struttura più idonea alla permanenza per il tipo di reato contestato, spiega l’avvocato che lo assiste, Ignazio Ballai. Il legale sta leggendo tutti gli atti per ricostruire le vicende giudiziarie dell’uomo, difeso anche nel 2018 quando era in carcere a Lanusei fino al 2021 quando Mulas è tornato in libertà.

L’accusa per Mulas è gravissima: per il reato di stupro di cui è ritenuto responsabile, rischia una pena fino ai 18 anni di carcere. L’avvocato sta facendo delle verifiche in proposito, poiché le aggravanti contestate sono pesanti. Si va dalla minorata difesa (un uomo di 45 anni contro una bambina) alla violazione di domicilio, poiché l’ha spinta dentro il portone di casa per abusare di lei, fino all’età della vittima, inferiore ai 12 anni. «Sono stato avvisato del trasferimento del mio cliente a Gorizia dove il carcere, a differenza di quello veneziano, è dotato dei reparti chiamati “Sex offender”, ovvero adeguati per il tipo di reato contestato. Ho chiesto all’assistito di chiamarmi quanto prima, perché intendo chiedere un nuovo interrogatorio ai primi di maggio e se c’è la possibilità, la perizia psichiatrica». Ballai dice: «Sono stato già contestato. Si dice io voglia far passare Mulas per pazzo. In realtà se emergeranno dei disturbi sarà una perizia a stabilirlo non io, anche per predisporre un percorso idoneo».

Nel frattempo proseguono le indagini dei carabinieri, coordinate dalla procura lagunare, per trovare i riscontri dei movimenti del 45enne, dall’arrivo a Mestre fino allo stupro della bambina nel portone di casa e poi l’allontanamento dalla città, secondo quanto emerso, per raggiungere Padova. I militari cercano i riscontri, indagando sia sulle registrazioni della sorveglianza video della città che sui cellulari. Mulas aveva di sicuro una base d’appoggio, quando i carabinieri lo hanno fermato ai giardini di via Piave, giovedì sera, era in ordine, pulito, sbarbato e con gli abiti a posto. Se li era cambiati. Ancora non si capisce dove e se abbia davvero fatto un doppio viaggio in treno, da Mestre a Padova e viceversa, solamente per andare in cerca di abiti nuovi da indossare. Anche il fatto che li abbia acquistati è un’ipotesi da accertare. Perché Mulas durante la violenza ai danni della studentessa e nella fuga successiva, ha perso il portafoglio, con tutti i documenti, il cellulare e probabilmente anche i soldi. I carabinieri stanno sentendo molte persone, alcune sono vicine alla famiglia della vittima, altre possono dare contributi utili all’inchiesta.

Nessuna delle minori invece, sarebbe stata sentite direttamente: in questo caso le cautele sono molte e va predisposto a loro protezione un contesto adatto con la presenza degli esperti. Gli investigatori stanno cercando di ricostruire il percorso dello stupratore (che non parla) dentro e fuori dalle carceri, dal Trentino al Veneto e poi di nuovo in Sardegna da dove Mulas — senza mai una consulenza psichiatrica o un percorso riabilitativo — è ripartito per l’Umbria, il Piemonte e il Veneto.

Del passaggio alla città lagunare c’è traccia fotografica sugli 8 profili Facebook e Instagram che ha aperto uno dopo l’altro negli anni, man mano che finiva di scontare il carcere e tornava a peregrinare per l’Italia. Da quello più rassicurante, con post dedicati alla preghiera e al ricordo del padre, fino a quello in cui si trovano foto di bambine e appelli per cercare persone nuove «da conoscere». «Non sto bene, c’è una ragazza che vuole conoscermi?», scriveva in un post Facebook sul profilo creato durante il periodo a Padova. Poco prima aveva postato la sua posizione in Prato della Valle scrivendo: «Ciao a tutte le ragazze, io sono qui. Qualcuna vorrebbe mettersi in contatto con me?».

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