Vive al Nord, ha un contratto di lavoro stabile e un reddito tra i 28.000 e i 50.000 euro: è il padre che usufruisce del congedo di paternità in Italia secondo il ritratto diffuso oggi da Inps e Save the Children, in vista della Festa del Papà, basato sull’elaborazione di dati provenienti dai propri archivi: “Sul congedo di paternità registriamo un trend positivo che evidenzia un cambiamento culturale in atto. Tuttavia, circa il 35% dei padri aventi diritto ancora non ne usufruisce, è una misura su cui faremo ulteriori iniziative di sensibilizzazione. Promuovere il congedo di paternità produce effetti concreti: favorisce un legame precoce tra padre e figlio, con benefici duraturi sulla loro relazione, e contribuisce a una distribuzione più equilibrata delle responsabilità familiari e della conciliazione vita-lavoro delle donne. Un passo essenziale verso una reale parità di genere nelle famiglie italiane”, ha affermato il presidente Inps, Gabriele Fava (in foto), riferendosi all’evidenza del forte squilibrio fra i generi che permane nel carico di cura dei figli, con evidenti ripercussioni sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro anche se, per quanto lentamente, qualcosa sta cambiando nell’universo dei padri qualcosa sta cambiando, anche se lentamente.
Festa del Papà: in Italia congedo di paternità triplicato dal 2013 al 2022
Introdotto in Italia nel 2012, il congedo di paternità, che ha come scopo quello di favorire la condivisione della cura e il legame tra padri e figli, si è gradualmente allungato fino ad arrivare agli attuali 10 giorni. Anche il suo utilizzo è cresciuto nel tempo, passando dal 19,2% dei padri aventi diritto nel 2013 al 64, 5% nel 2023, una crescita che è stata più marcata nei primi anni e più contenuta negli ultimi, con una differenza di soli 0,5 punti percentuali tra il 2023 e il 2022. Sono quindi più di 3 padri su 5 ad utilizzarlo, ma con notevoli differenze che dipendono sia dal territorio dove si risiede, sia dalla dimensione aziendale, che dal tipo di contratto lavorativo.
Ad usufruire del congedo di paternità sono soprattutto i padri con un contratto di lavoro a tempo indeterminato, pari a circa il 70%, una percentuale significativamente più alta rispetto a coloro che hanno un contratto a tempo determinato, che si attestano al 40%, o ai lavoratori stagionali e con contratti a termine, che ne giovano solo nel 20% dei casi. Il tasso di utilizzo risulta più elevato tra i padri con un reddito compreso tra i 28.000 e i 50.000 euro annui, per i quali l’83% usufruisce del congedo, mentre cala leggermente all’80% tra quanti percepiscono un reddito superiore ai 50.000 euro.
Per le fasce di reddito più basse il ricorso al congedo diminuisce ancora, scendendo al 66% tra i padri con un reddito annuo tra i 15.000 e i 28.000 euro. Anche la dimensione dell’azienda in cui si lavora incide significativamente sulla fruizione del congedo di paternità: nelle imprese con più di 100 dipendenti la percentuale di utilizzo è pari all’80%, mentre si riduce drasticamente al 40% tra coloro che lavorano in aziende con meno di 15 dipendenti.
L’utilizzo del congedo di paternità presenta, inoltre, forti differenze territoriali: nel Nord Italia è fruìto dal 76% dei padri aventi diritto, un valore quasi doppio rispetto a quello registrato nel Sud e nelle Isole, dove la percentuale scende al 44%, mentre al Centro si attesta al 67%. A livello regionale la forbice tra la regione con il tasso di utilizzo più basso e quella con il tasso più alto è ampia, con la Calabria fanalino di coda e il Veneto in testa.
Nel Nord Italia tutte le regioni registrano un tasso di utilizzo del congedo di paternità uguale o superiore al 70%, con il Veneto al primo posto con il 79%, seguito da Friuli Venezia Giulia con il 78%, Emilia-Romagna con il 76,5%, Lombardia con il 76,4%, Trentino-Alto Adige con il 75,9%, Piemonte con il 74,6% e Valle d’Aosta con il 70%, mentre la Liguria si discosta leggermente dalla media settentrionale con il 64,3%.
Nel Centro Italia il Lazio registra il tasso di utilizzo più basso con il 63,2%, mentre Umbria, Marche e Toscana presentano valori più elevati, rispettivamente pari al 73,7%, 71,6% e 70,8%, percentuali vicine a quelle delle regioni settentrionali. Nel Sud e nelle Isole l’Abruzzo segna il tasso di utilizzo più alto con il 64,9%, seguito dalla Sardegna con il 58,1%, dalla Basilicata con il 56,5%, dal Molise con il 54,1% e dalla Puglia con il 51%. In Sicilia e Campania il tasso di utilizzo è decisamente più basso, attestandosi rispettivamente al 39,4% e al 39,1%, mentre la Calabria registra la percentuale più bassa a livello nazionale con il 35,1%.
“Nonostante i segnali positivi che i dati sulla fruizione del congedo di paternità ci mostrano, c’è ancora molto da fare per favorire un’equa condivisione della cura tra madri e padri. Eppure, la genitorialità condivisa migliora il benessere di bambini e bambine e tutela il loro diritto fondamentale a una crescita serena in un contesto affettivo ed educativo protetto. In questo senso è essenziale investire nel rafforzamento di questa misura per tutti i lavoratori, non solo quelli dipendenti. Un congedo più lungo, inoltre, contribuirebbe al bilanciamento tra responsabilità genitoriali, promuovendo una visione più paritaria tra uomini e donne e favorendo il consolidarsi di modelli culturali liberi da stereotipi di genere”, conclude Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children.