Se papa Bergoglio veniva dall'altro lato del mondo e papa Ratzinger si schermiva dicendo di essere un umile contadino della vigna del Signore, Leone XIV ha affrontato per la prima volta, da papa, la folla osannante, usando un linguaggio quasi paludato, come a volere mettere, in quelle poche parole, tutto la summa della sua vita.
Un uomo concreto, lo definiscono quelli che lo conoscono bene, fermo nelle sue idee e pronto a difenderle.
Ma se prima parlare di sociale e di civile convivenza, di inclusione, carità e di dialogo era un cardinale, da oggi a farlo è un papa, destinato, per come ha detto affacciandosi su una piazza San Pietro ribollente di entusiasmo, ma soprattutto di fede, a proseguire lungo il cammino segnato da Francesco, di cui solo apparentemente può essere considerato un erede, anche se con il pontefice argentino ha condiviso le medesime esperienze pastorali.
Se Bergoglio era l'amico degli ultimi tra gli ultimi, quelli che vagavano per le strade dell'Argentina avendo come compagne la solitudine e la disperazione, Robert Francis Prevost, oggi Leone XIV, la sua esperienza l'ha vissuta in Perù, Paese dalle enormi potenzialità, ma ancorato alla crisi endemica di un subcontinente americano che stenta a trovare la sua strada.
Argentina e Perù, Paesi di grande fede e di sentita religiosità popolare, dai quali i due pontefici hanno tratto insegnamenti.
Che, nel caso di Francesco, si sono riverberati nel suo pontificato, mentre in quello di papa Leone XIV, appena cominciato, dovranno adattarsi ad uno stile forse diverso, ma uniti dalla comune volontà di fare della Chiesa cattolica un crogiuolo di fede e carità.
Il pontefice americano si trova davanti le medesime sfide che ha affrontato Francesco, anche se molte sono rimaste irrisolte, come quella degli abusi sessuali nella Chiesa che il papa argentino ha combattuto con fermezza (dialogando direttamente con le vittime), ma che resta un macigno di cui forse s'è appena cominciato a grattare la superficie.
Parlare oggi di come sarà la Chiesa di papa Prevost sarebbe intempestivo, rischiando di farsi condizionare troppo dalla storia personale.
Forse però una ''proiezione'' si può fare guardando al nome scelto dal nuovo pontefice e che forse ha sorpreso più d'uno, perché non veniva utilizzato ormai da più d'un secolo, dalla morte di Leone XIII, al secolo Vincenzo Pecci, oggi forse colpevolmente dimenticato, ma che è stato un papa molto importante nella storia della Chiesa.
Salito al soglio petrino in un momento in cui si affermava in Occidente l'era industriale, egli fu, in un certo senso, progressista, aprendosi al mondo quando il papa era il simbolo della ritualità ingessata della Chiesa, e rivolgendo una grande attenzione alla classe operaria. Ma, paradossalmente, era nel contempo un conservatore, volendo restare nell'alveo della dottrina cattolica tradizionale.
E' passato, comunque, alla storia perché autore dell'enciclica "Rerum Novarum" ("Cose nuove", 1891), la prima sociale della Chiesa, che tratta della questione operaia. In questa veste fondò quella che viene chiamata dottrina sociale della Chiesa e aprì la Chiesa alla modernità.
Se, nella scelta del nome, Leone XIV si è rifatto a papa Pecci, ci sono tutti i segnali di una Chiesa votata al dialogo tra le genti.