Nel corso degli ultimi venticinque anni, gli investimenti nel debito emergente hanno fatto enormi passi avanti: l’aumento esponenziale del numero di Paesi coperti e della tipologia di emissioni ha aperto nuove prospettive per gli investitori.
Dal dicembre 1998, quando, all’indomani del default russo e della crisi finanziaria asiatica, fu lanciata la prima strategia di Payden dedicata al debito emergente, di acqua sotto i ponti ne è passata: il numero di Paesi coperti da uno degli indici obbligazionari EM più utilizzati, è passato da otto a settanta e oggi spazia dall’Europa Centrale e Orientale al Medio Oriente, dall’Africa all’Asia, fino all’America Latina. I mercati emergenti sono diventati un’asset class troppo grande per essere ignorata dagli investitori, rappresentano infatti oltre il 40% del Pil globale[1] e includono una vasta gamma di emittenti, con diverse opportunità d'investimento a livello di rischio e rendimento.
Sebbene, nell’universo emergente, il debito sovrano rappresenti ancora l’opzione preferita dagli investitori, oggi, a differenza del 1998, è possibile scegliere tra un’ampia gamma di titoli di debito quasi-sovrano e societario, potendo acquistare non soltanto obbligazioni denominate in dollari o euro, ma anche emissioni in valuta locale.
Contrariamente a quanto credono molti investitori, il debito dei mercati emergenti non è così rischioso e sottosviluppato: circa la metà dell'indice sovrano in dollari ha un rating Investment Grade e la percentuale è ancora più alta tra le obbligazioni societarie emergenti (59%) e le obbligazioni in valuta locale (79%). Il debito emergente non offre solo un vantaggio in termini di diversificazione rispetto all’Equity EM, ma anche un importante vantaggio in termini di minore volatilità. Se, infatti, guardiamo agli ultimi vent’anni, l’Equity emergente ha generato rendimenti assoluti più elevati, ma, al netto della volatilità, i ritorni del debito emergente sono risultati superiori del 40% circa. Dal punto di vista fiscale, poi, sebbene il debito pubblico EM sia notevolmente aumentato nel post-pandemia, è ancora lontano dai livelli record delle economie sviluppate. I disavanzi delle partite correnti dei principali Paesi Emergenti superano di poco l’1% del Pil a livello aggregato, una percentuale piuttosto gestibile dal punto di vista dei finanziamenti.
Grazie all’ampliamento dell’universo EM e al maggior livello di diversificazione, oggi gli investitori hanno molti più strumenti a disposizione per la gestione della volatilità: a titolo di esempio, a seguito della pandemia sono aumentati i casi di default sovrani, mentre i mercati emergenti hanno mediamente retto a livello economico, riuscendo ad evitare episodi drammatici come quelli del 1997/1998, grazie soprattutto ad una migliore gestione della politica economica e a una serie di “ammortizzatori” esterni.
Dopo il Covid-19, i mercati emergenti hanno visto un miglioramento dei fondamentali, con le istituzioni monetarie che hanno reagito prontamente di fronte all’impennata dell’inflazione globale, spesso optando per un aumento dei tassi di interesse di riferimento ben prima della Federal Reserve. Si tratta di uno scenario inedito: negli ultimi due cicli economici, infatti, le manovre di politica monetaria delle Banche Centrali EM sono sempre state in linea con quelle della Fed o, al più, in ritardo rispetto ad essa.
In prospettiva, secondo l’ultimo World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale, nonostante la contrazione dell’economia cinese, la crescita dei mercati emergenti dovrebbe rimanere pressoché invariata rispetto al 2023 (intorno al +4% a livello aggregato). L'allentamento delle condizioni monetarie dovrebbe rappresentare un fattore di sostegno sul fronte domestico, mentre, a livello esterno, i mercati emergenti dovrebbero beneficiare della forza della crescita Usa. Le prospettive future sono nel complesso positive: crescita stabile e inflazione più contenuta hanno determinato una riduzione della volatilità dei mercati e supportato gli asset più rischiosi. Detto questo, occorre prestare attenzione ai fattori di rischio geopolitico specifici di ogni Paese.
In conclusione, il debito emergente offre importanti vantaggi in termini di diversificazione e i rendimenti elevati hanno storicamente generato un flusso di reddito sostenibile a lungo termine. Le valutazioni del debito EM sono convenienti rispetto a settori analoghi e le opportunità non mancano sia su mercati in valuta forte che su mercati in valuta locale (inclusi i mercati di frontiera), opportunità che rendono quello attuale un ottimo momento per prendere in considerazione quest’asset class.