L’Unione Europea ha raggiunto un accordo cruciale con gli Stati Uniti: a partire dal 1° agosto 2025, entrerà in vigore un dazio doganale medio del 15% su tutte le merci europee esportate oltreoceano. La misura, definita “necessaria” per scongiurare una guerra commerciale transatlantica, rappresenta un compromesso tra lo zero auspicato da Bruxelles e il 30% minacciato da Washington in assenza di intesa.
Dazi USA al 15%: accordo tra UE e Washington salva l’export ma pesa su imprese e settori strategici italiani
Secondo quanto dichiarato dalla Commissione e condiviso dalla premier italiana Giorgia Meloni, l’obiettivo prioritario è stato quello di garantire certezza e stabilità economica in un contesto globale già instabile. Ma per le imprese italiane, il prezzo da pagare è elevato: tra 8 e 10 miliardi di euro di impatto stimato sull’export nazionale per il solo 2025, aggravato da una svalutazione del dollaro che ha già perso oltre il 13% del valore sull’euro dall’inizio della presidenza Trump.
Il nuovo dazio del 15% sostituisce le tariffe precedenti su quasi tutte le categorie merceologiche. Per alcuni settori, come l’automotive – finora colpito da una tariffa del 27,5% – si traduce in un beneficio netto. Per altri, invece, la situazione resta critica: l’acciaio e l’alluminio restano soggetti a dazi del 50%, mentre il settore farmaceutico è ancora oggetto di trattativa.
La reazione di Confcommercio è di cauto realismo. Il vicepresidente Riccardo Garosci, intervenuto in un incontro con il ministro degli Esteri Antonio Tajani, ha definito l’intesa “un passo avanti importante” perché elimina l’incertezza. Ma ha chiesto sostegni immediati per le imprese colpite, soprattutto nei settori più esposti come food & beverage, moda e macchinari. Secondo una nota congiunta di Aice e Confcommercio Milano-Lombardia, il dazio medio effettivo – considerando anche il cambio valutario – potrebbe arrivare a un 21% complessivo.
Il ministro Tajani ha ribadito che il governo italiano ha ottenuto “la migliore intesa possibile in un quadro negoziale difficile”, ma ha anche annunciato un lavoro con Bruxelles per progettare sostegni strutturali alle imprese, anche attraverso un possibile meccanismo europeo di compensazione.
Particolarmente allarmante è il quadro delineato dall’Unione Italiana Vini (UIV). Secondo il presidente Lamberto Frescobaldi, il dazio del 15% sui vini italiani porterà a una perdita di 317 milioni di euro in 12 mesi, con un’esposizione drammatica per denominazioni come Moscato d’Asti, Pinot Grigio, Chianti Classico, Brunello di Montalcino e Prosecco. Il rischio, secondo UIV, è che il prezzo finale al consumatore negli Stati Uniti subisca aumenti fino al 186%, compromettendo la competitività di un settore che da solo vale oltre 1,3 miliardi di euro in export verso gli USA.
L’accordo prevede anche impegni collaterali da parte europea:
- 750 miliardi di dollari in acquisti di energia dagli USA;
- 600 miliardi di dollari in nuovi investimenti in territorio americano;
- Ampi acquisti di sistemi di difesa;
- Esclusione delle multinazionali USA dalla global minimum tax stabilita in sede G7.
Da Addis Abeba, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato che “l’Europa non può più perdere tempo” e ha chiesto un’accelerazione sulle semplificazioni, sul rafforzamento del mercato unico e sulla mobilitazione del risparmio attraverso l’Unione dei mercati dei capitali. A livello italiano, ha invocato “la piena attuazione del PNRR e misure fiscali per sostenere la competitività”.