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D’Anna e l’ironia impossibile: il femminicidio non è materia da barzelletta

Barbara Leone
 
D’Anna e l’ironia impossibile: il femminicidio non è materia da barzelletta

Settantaquattro anni, una carriera parlamentare che ha attraversato i decenni con la tenacia di un virus particolarmente ostinato - dalla Democrazia Cristiana a Forza Italia, passando per il Popolo delle Libertà - e oggi presidente della Federazione degli Ordini regionali dei biologi. Vincenzo D’Anna, infine, ha trovato il suo habitat naturale: denso, vischioso, maleodorante.

D’Anna e l’ironia impossibile: il femminicidio non è materia da barzelletta

Un luogo ideale per certe creature che, anziché evolvere, si compiacciono della propria involuzione. E’ da quella palude che, evidentemente, è riemersa la sua ultima ''perla'' asciugata al sole come certe alghe spiaggiate che qualcuno, lui per prima, si ostina a chiamare ''ironia''. A dargli lo stonatissimo la, un post del Corriere sul lavoro svolto nelle scuole da Valentina Pitzalis, sopravvissuta a un tentativo di femminicidio che ha inciso sul suo corpo più ferite di quante l’immaginazione osi contemplare. Ed ecco che l’ex senatore, folgorato da un’improvvisa ispirazione da menestrello del paradosso, ha digitato la sua boutade: ''Perché c’è a chi piace cruda e a chi cotta la moglie''. Una frase che - sostiene lui - avrebbe richiesto ''il contesto'' per essere compresa. Peccato che il contesto fosse una donna bruciata viva dal marito. Una circostanza talmente estrema da imporre silenzio, discrezione, gravità.

Non certo un lazzo da taverna. A rilanciare l’episodio è stata Selvaggia Lucarelli, che da anni segue la vicenda Pitzalis e conosce bene il fragile equilibrio fra memoria, giustizia e decenza. Il resto è una piccola pièce dell’assurdo: mentre il mondo civile osservava quella frase come si guarda un reperto paleolitico trovato nella tasca sbagliata, D’Anna non solo ha evitato di ritrattare, ma ha raddoppiato, difendendo la sua trovata come un capolavoro di sarcasmo incompreso. Il copione è quello consueto: ''moralisti semianalfabeti'', ''ironia non colta'', ''periodo brutto'', ''non volevo entrare nella vicenda''. Una filastrocca di autodifesa che non brilla per originalità, ma per una sorprendente impermeabilità al pudore.

D’altronde non è la prima volta che il biologo offre saggi del suo pensiero. Nel 2017 aveva illuminato il dibattito sulla violenza di genere spiegando che le donne più ''accorte'' sanno evitare le aggressioni. E per non farsi mancare nulla, aggiungeva che ''la donna porta con sé l’idea del corpo, l’idea della preda''. Una visione che, nella sua cruda schematicità, sembra la sorella maldestra dell’ormai celebre dichiarazione del ministro Nordio, che - testuale - ha affermato: ''Anche se oggi l'uomo accetta e deve accettare una assoluta parità formale e sostanziale con la donna, nel suo subconscio e nel suo codice genetico trova sempre una certa resistenza. C'è una sedimentazione anche nella mentalità dell'uomo, del maschio, difficile da rimuovere''.

Una riflessione che meriterebbe ben altro approfondimento scientifico, se non altro per la disinvoltura con cui agita concetti come codice genetico e resistenza interiore per giustificare retaggi culturali ottocenteschi. Tornando al nostro ''eroe'', parliamo di quello che durante la pandemia aveva abbracciato con entusiasmo le sirene no vax, e che nel 2015 omaggiò la senatrice Barbara Lezzi con il gesto dell’ombrello in aula. Un cursus honorum da manuale, insomma. Interpellato dal Corriere, il pover’uomo ha recitato il copione fino all’ultima virgola.

Nessuna colpa, nessuna responsabilità: la battuta era ''sarcastica'', i social sono un covo di bacchettoni, e sul 25 novembre - Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne - lui ''non sa nulla'', perché, spiega, ''sono un uomo che lavora''. Troppo occupato, certo: a sparare castronerie.  Intanto, la storia di Valentina Pitzalis resta lì, immobile nella sua ferocia: attirata in casa dall’ex marito, cosparsa di benzina, data alle fiamme. Sopravvissuta per miracolo, mutilata, sfigurata. Una tragedia che richiederebbe rispetto e attenzione. E invece diventa l’innesco di una battutina ''parossistica'', come la definisce lui, con lo stesso zelo di un pirotecnico improvvisato che tenta di giustificare un’esplosione fuori programma. Lo sdegno è stato unanime. Tanto che D’Anna ora medita la fuga dai social. Il che, per una volta, sarebbe un contributo davvero utile: non tanto a lui, quanto alla qualità dell’aria nello spazio pubblico.

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