Secondo la Corte costituzionale non spetta allo Stato imporre obblighi e divieti agli esercenti il servizio di noleggio con conducente (NCC) che, con mezzi sproporzionati, limitino la concorrenza e alterino il principio di libertà economica.
La Consulta restituisce libertà agli NCC, bocciati i vincoli del decreto Salvini, competenza alle Regioni
Con la sentenza n. 163 depositata oggi, i giudici hanno accolto i ricorsi della Regione Calabria contro il decreto interministeriale n. 226 del 2024, il cosiddetto “decreto Salvini”, e le relative circolari attuative, dichiarando incostituzionali tre dei suoi punti centrali. La Consulta ha sancito che lo Stato, regolando l’esercizio del servizio NCC, ha invaso la competenza regionale in materia di trasporto pubblico locale, valicando i limiti della propria sfera di intervento in tema di tutela della concorrenza.
Un richiamo severo ai principi costituzionali di proporzionalità e sussidiarietà. La Corte ha sottolineato che non si può sacrificare la libertà d’impresa sull’altare di un equilibrio corporativo, né tutelare una categoria, quella dei taxi, a danno di un’altra, quella dei noleggiatori con conducente, che da anni chiedono regole moderne e non punitive.
Nel dettaglio, i giudici costituzionali hanno bocciato tre previsioni del decreto. Primo, il vincolo temporale dei venti minuti tra la prenotazione e l’inizio del servizio NCC, giudicato «sproporzionato rispetto alla finalità antielusiva» e lesivo del principio di concorrenza. La misura, pensata per impedire che gli NCC potessero rivolgersi a un’utenza “indifferenziata” come i taxi, finiva di fatto per riproporre un obbligo già dichiarato incostituzionale nel 2020. Secondo, il divieto di stipulare contratti di durata con operatori che svolgano anche indirettamente attività di intermediazione, come hotel, agenzie di viaggio o tour operator, ritenuto lesivo dell’autonomia contrattuale e contrario alla logica economica del mercato dei servizi. Terzo, l’obbligo per gli NCC di utilizzare esclusivamente l’applicazione informatica ministeriale per compilare il foglio di servizio elettronico, misura che la Corte ha definito “non rientrante nella materia tutela della concorrenza” e contraria al principio di neutralità tecnologica.
La decisione segna un punto di svolta non solo per gli operatori del settore, ma anche per il rapporto tra Stato e Regioni. La Consulta ha infatti ribadito che il trasporto pubblico locale è materia di competenza regionale e che, pertanto, spetta alle Regioni, e non al Governo centrale, disciplinarne le modalità operative, nel rispetto delle esigenze territoriali e della libertà d’impresa. In questo modo, la Corte riafferma una visione di Stato rispettosa delle autonomie locali e della modernità dei servizi, in linea con il principio di equilibrio tra concorrenza e sussidiarietà.
La sentenza, accogliendo pienamente i ricorsi della Regione Calabria, è destinata a incidere in modo profondo sull’assetto normativo del settore. Gli NCC tornano così ad avere margini di libertà contrattuale e tecnologica, mentre le Regioni riacquistano il potere di regolare il servizio secondo le proprie specificità.
Con questa pronuncia, la Corte costituzionale riporta il dibattito sul terreno dei principi: proporzionalità delle norme, libertà d’iniziativa economica, neutralità tecnologica e rispetto delle competenze regionali.