L'artigianato italiano, con la sua storia millenaria e la sua incessante capacità di innovare, si mette sotto i riflettori come vero e proprio "futuro del made in Italy". È questo il messaggio lanciato ieri, nel contesto delle iniziative per la Giornata Nazionale del Made in Italy, durante la presentazione di una nuova campagna di comunicazione dedicata a questo settore vitale.
Confartigianato lancia “Artigianato, futuro del made in Italy” con Mimit
L'evento si è tenuto nella prestigiosa sede del Ministero delle Imprese e del Made in Italy a Roma, promosso congiuntamente dalle principali confederazioni artigiane – Confartigianato, Cna e Casartigiani – insieme a Fondazione Symbola e con il patrocinio dello stesso Ministero (MiMit). A sottolineare l'importanza dell'iniziativa, erano presenti figure di spicco come il Ministro Adolfo Urso, il presidente di Fondazione Symbola Ermete Realacci, e i presidenti delle associazioni artigiane: Marco Granelli per Confartigianato (in foto), Dario Costantini per Cna, e il vicepresidente di Casartigiani, Mauro Sangalli. La campagna, intitolata appunto "Artigianato, futuro del made in Italy", mira a rendere pienamente visibile l'enorme peso e il valore di questo comparto non solo per l'economia nazionale, ma per la qualità stessa della vita e l'identità del nostro Paese.
E i numeri parlano chiaro. In Italia, operano oltre un milione di imprese artigiane, una cifra che rappresenta circa un quarto dell'intero tessuto imprenditoriale italiano. Un dato che da solo basterebbe a evidenziare la capillarità e la forza di questo settore. Ma l'importanza dell'artigianato non si ferma qui. È nel cuore della manifattura, il motore del Made in Italy, che l'impronta artigiana diventa dominante. Se a livello generale le imprese artigiane costituiscono il 21,3% di tutte le attività produttive, la loro incidenza nel settore manifatturiero schizza al 58,5% del totale delle imprese. Significa che quasi sei imprese manifatturiere su dieci in Italia sono artigiane. Questo peso specifico è ancora più marcato in alcuni comparti che sono veri e propri simboli del Made in Italy nel mondo: dal legno all'alimentare, dall'abbigliamento alla meccanica. Settori dove la sapienza delle mani, la cura del dettaglio e la capacità di creare prodotti unici e di alta qualità rappresentano il vero valore aggiunto.
“Sin dall’inizio della legislatura – ha sottolineato il Ministro Adolfo Urso – come ministero abbiamo svolto un’attività intensa e abbiamo lavorato per dare valenza alle pmi e alle imprese artigiane. Inizia il suo percorso la legge annuale sulle pmi per creare un contesto legislativo sempre più confacente alle pmi’. Secondo il ministro questo progetto ‘valorizza il saper fare degli artigiani italiani che è storia, identità, unicità del nostro Paese ma anche innovazione e ricerca continua. E’ importante che tutti siano consapevoli del valore di ogni microattività realizzata nel nostro Paese. Credo che questa specificità vada tutelata”.
“L’artigianato – ha sottolineato Marco Granelli, presidente di Confartigianato – è dinamico, in piena evoluzione, capace di integrare tradizione manifatturiera e nuove tecnologie, di generare occupazione dipendente e autonoma. Nel 2024, infatti, sono nate 83.586 imprese artigiane, al ritmo di 321 al giorno, e negli ultimi sei anni, 502mila giovani under 30 sono stati formati e avviati al lavoro con il contratto di apprendistato nelle imprese artigiane. Con la campagna ‘Artigianato, futuro del made in Italy, mostriamo che è un ‘motore’ di sviluppo per l’economia e per la società e rappresenta una grande opportunità per le nuove generazioni. In un’azienda artigiana i giovani possono allenare ed esprimere la loro creatività, acquisire competenze e abilità al passo con le nuove sfide tecnologiche, costruirsi un futuro scommettendo sulle loro passioni e inclinazioni”.
Confrontando i periodi 2015-2019 e 2019-2023, emerge una crescita significativa nella quota di queste imprese che hanno effettuato investimenti green, con aumenti rispettivamente del 23,2% e ben del 45,9%. Un trend che riguarda oltre mezzo milione di imprese (per la precisione 503.258), attive prevalentemente nei servizi (67%) e nell'industria (33%, di cui 18% manifattura e 14% costruzioni). E le MPI sono protagoniste anche sul fronte dell'occupazione "verde": nel 2024, il 61,3% delle nuove entrate lavorative programmate per i "green jobs" è legato a queste realtà. Ma è sul fronte dell'innovazione digitale e dell'Intelligenza Artificiale (IA) che le MPI mostrano una vitalità sorprendente. Sono proprio loro, infatti, a fare da pioniere nell'adozione di queste soluzioni: il 93% delle imprese che per prime utilizzano sistemi di IA sono micro o piccole. La propensione all'AI è particolarmente elevata nel manifatturiero (14,6% delle MPI del settore usa già l'IA), seguito dai servizi (12,2%) e dalle costruzioni (11,5%). E il futuro promette un'ulteriore accelerazione: si stima che oltre la metà delle MPI (53,6%) preveda di integrare soluzioni di intelligenza artificiale nei propri processi produttivi. Questa spinta tecnologica si vede anche nella robotica: la diffusione di robot nelle piccole imprese manifatturiere italiane (19,1%) è superiore alla media UE (17,6%) e persino alla Germania (15,9%), primo Paese manifatturiero in Europa. Un dato non trascurabile, considerando che circa il 40% degli oltre 10 mila addetti del settore robotica in Italia lavora proprio nelle MPI.
“Parlando di piccole imprese e artigianato alcuni pensano ad un punto di debolezza della nostra economia. Non è così. La propensione delle imprese artigiane – dichiara Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola – a collaborare accompagna la nostra capacità di creare coesione e innovazione. L’artigianato è un’anima del Made in Italy. Questo report comunica attraverso i numeri il valore di questo sistema che alimenta la capacità di affrontare le sfide del futuro legate all’innovazione e alla sostenibilità. La foto che emerge conferma che il Paese può affrontare le sfide che abbiamo avanti chiamando a raccolta i nostri talenti senza lasciare indietro nessuno. E che come scritto nel Manifesto di Assisi non c’è nulla di sbagliato in Italia che non possa essere corretto con quanto di giusto c’è in Italia. Come ha detto Papa Francesco ‘Siamo chiamati ad essere creativi, come gli artigiani, forgiando percorsi nuovi ed originali per il bene comune’”.
“Artigianato futuro del made in Italy intende ribadire – dichiara Dario Costantini, presidente CNA – che le nostre imprese, custodi di produzioni di eccellenza con radici profonde nel territorio, hanno forte capacità di reinventarsi e di intercettare i gusti dei consumatori. I mercati più evoluti chiedono qualità, unicità, personalizzazione. Ma soprattutto, chiedono prodotti che possiedano un’anima, che corrispondano ad un’idea avanzata del mondo, anche in termini di sostenibilità. Prodotti che esprimono storia e identità. Prodotti non solo “belli e ben fatti”, che durano nel tempo, che provengono da filiere corte, ma che contengono un racconto e si prestano ad essere raccontati. Anche per questo siamo convinti che il futuro del made in Italy e quello dell’artigianato italiano siano indissolubilmente legati”.
“Il marchio Made in Italy rappresenta non solo un prodotto italiano, ma un modo di vivere, uno stile di vita tutto nostro, che si diffonde sempre di più nel mondo. Creazioni quindi che identificano il nostro Paese, consentono di tenere aperto un legame con esso, e testimoniano la considerazione e l’appartenenza alla sua cultura ed ai suoi valori - evidenzia Giacomo Basso, presidente di CASARTIGIANI -. I dati contenuti nei report statistici presentati oggi confermano che il tessuto produttivo dell’artigianato e delle micro e piccole imprese costituisce un asset strategico imprescindibile per salvaguardare e diffondere tale patrimonio in tutto il mondo. È necessario, però, che gli interventi, dettati dalla politica a supporto del Made in Italy, siano calibrati e funzionali al sostegno e all’affiancamento di questo straordinario modello imprenditoriale italiano quale realmente è e non quale si vorrebbe che fosse perché lì sta il nostro tesoro”.
Queste realtà non sono confinate ai settori tradizionali, ma sono attive anche in comparti ad alta intensità di capitale e strategici per l'export. Sono le MPI, infatti, a trainare il Made in Italy sui mercati esteri: l'89,1% delle imprese esportatrici italiane sono micro o piccole. Le loro merci viaggiano per il 68% verso l'Europa e per oltre il 30% verso il resto del mondo. Hanno un peso rilevante, ad esempio, nel valore delle esportazioni della filiera legno e del tessile. Un primato che l'Italia detiene a livello europeo per le vendite all'estero delle MPI manifatturiere, con un impressionante 27,8% del totale UE, distanziando Germania (14%) e Spagna (9,6%). L'incidenza delle esportazioni delle MPI italiane sul PIL è pari al 3,3%, il doppio della media europea (1,6%), a dimostrazione del loro contributo diretto alla ricchezza nazionale. La capacità di fare squadra è un altro segreto del loro successo. La forza del Made in Italy è intrinsecamente legata alla collaborazione in filiere e distretti, con le MPI a fare spesso da capofila: ben l'89% dei contratti di rete attivati in Italia dal 2010 al 2024 vedono al timone una micro o piccola impresa. Ma le MPI non sono solo motori economici; sono anche pilastri sociali e campioni di inclusione. Costituiscono il 99,7% delle imprese femminili e il 99,8% di quelle a guida straniera. Offrono lavoro al 57% dei dipendenti stranieri residenti in Italia, integrando culture e valorizzando diversità. Attraggono anche i giovani: un'impresa giovanile su quattro è artigiana, e circa il 40% degli under 35 mostra interesse verso una professione artigiana. Il loro ruolo è cruciale anche nei settori culturali e creativi, dove rappresentano il 99,7% degli operatori, con punte nel software e videogames (98,4%). La loro presenza è vitale soprattutto nei piccoli comuni, quelli con meno di 5.000 abitanti, dove rappresentano il 99,4% delle imprese extra-agricole, configurandosi spesso come l'unico presidio economico e sociale sul territorio. La loro distribuzione geografica in questi piccoli centri vede una maggiore concentrazione nel Nord-ovest (38,7%), seguito da Mezzogiorno (29,5%), Nord-est (19,6%) e Centro (12,2%).