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Caso Milano: i processi tornano a farsi fuori dalle aule di giustizia

Redazione
 
Caso Milano: i processi tornano a farsi fuori dalle aule di giustizia

L'ingarbugliata vicenda che ruota intorno al Comune di Milano e al boom edilizio che, da anni, interessa la capitale economica del Paese ha catapultato l'Italia in quel clima che, tanto in voga agli inizi degli anni '90, vede chi è indagato, accusato, sospettato o solo sfiorato dalle indagini, automaticamente già davanti al plotone di esecuzione.

Caso Milano: i processi tornano a farsi fuori dalle aule di giustizia

Non dell'opinione pubblica, solitamente poco interessata quando un'inchiesta è con tutti e due i piedi nella delicatissima materia del diritto amministrativo e nella palude di regolamenti e circolari dei nostri enti, ma da parte di chi, politico, ha il solo interesse di sbaragliare l'avversario.

Si sta riproponendo, insomma, fatte salve le distorsioni che si palesano anche dentro una protesta, le distorsioni care alla politica, quelle della pagliuzza e della trave, con una memoria talmente corta che chi oggi reclama la dimissioni, ieri non lo ha fatto certo quando le inchieste riguardano amici o compari, magari militanti nello stesso partito.

L'equilibro che si deve pretendere dalla nostra classe politica è diventato un pio desiderio, manco meritevole d'essere preso in considerazione, sacrificato sull'altare della mera convenienza.
Ieri, in consiglio comunale, a Milano, la Lega ha reclamato a gran voce le dimissioni del sindaco Sala, considerato il responsabile politico della giunta - e si qui ci siamo in una inchiesta con oltre 70 indagati -, ma anche del malaffare che le indagini della procura hanno fatto venire alla luce, scoperchiando il ribollente calderone di interessi obliqui, tra amministratori e imprenditori.

E qui forse ci sarebbe da aspettare che l'inchiesta giunga almeno alla fase del rinvio a giudizio, poiché il primo cittadino deve ancora capire, nel merito, quel che gli viene contestato. Vero è che se si sentisse colpevole di qual cosa che, prima o poi, potrebbe venire a galla, Sala dovrebbe farsi da parte, perché qualsiasi città, soprattutto se parliamo di Milano, deve pretendere d'essere governata bene e nel rispetto delle leggi.

Ma Beppe Sala non è la moglie di Cesare e quindi il dubbio può anche essere manifestato. Ma chiedere oggi le dimissioni è parte di un gioco che pensavamo fosse stato accantonato, una volta chiusa la pagina dolorosa di Mani Pulite, quando un giustizialismo senza freni, alimentato da qualche magistrato che teneva più al suo prestigio personale che non al rispetto delle regole e della forma, non solo polverizzò un sistema, quanto elevò la carcerazione preventiva a parte del processo e non come una esigenza di cautela.

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