La produzione alimentare globale ha un impatto ambientale significativo, contribuendo fino al 30% delle emissioni di gas serra e assorbendo il 70% dell'acqua dolce. Un esempio lampante: 100 grammi di proteine da carne bovina generano 75 volte più CO2 rispetto alla stessa quantità di proteine ottenute dai piselli. Nonostante ciò, il consumo di carne in Europa continua a crescere, spesso a causa della difficoltà nel trovare alternative appetibili, convenienti e sostenibili.
Carne coltivata, Altroconsumo: il 47% degli italiani pronto a provarla
In questo contesto, i novel food – alimenti innovativi che "imitano" la carne, come la carne coltivata prodotta in laboratorio da cellule staminali animali – si affacciano sul dibattito. Un'indagine condotta da Altroconsumo in collaborazione con i partner europei di Euroconsumers ha esplorato l'opinione dei cittadini italiani su questa nuova fonte proteica. Dallo studio emerge che il 97% degli intervistati vive in famiglie dove si consuma carne almeno una volta a settimana, e per 3 italiani su 4, la sostenibilità dei prodotti è un criterio d'acquisto fondamentale. Un dato incoraggiante mostra che il 56% degli intervistati ha già ridotto il consumo di carne negli ultimi 5 anni o intende farlo (12%), una tendenza più diffusa tra gli over 56 rispetto agli under 38.
Federico Cavallo, Responsabile Public Affairs & Media Relations di Altroconsumo (in foto), ha così commentato i risultati: "I risultati che Altroconsumo ha raccolto in Italia, molto simili a quelli emersi nei Paesi che hanno partecipato all’indagine di Euroconsumers (Spagna, Portogallo e Belgio), ci dice che i consumatori italiani ed europei sono aperti a considerare questi prodotti nuovi e rendere la propria alimentazione un po’ più sostenibile. Ancora una volta la società e le persone sembrano più avanti della politica e della legislazione. Una legge italiana, com'è l'attuale, che preventivamente e arbitrariamente limita, oltre che la commercializzazione, appare quindi chiaramente anacronistica e in controtendenza rispetto a quello che accade in altri Paesi. Le limitazioni imposte non fanno bene ai consumatori italiani perché potrebbero escluderli sin d'ora dalla possibilità di avvantaggiarsi di uno sviluppo futuro di questo mercato e dalla libertà di scegliere questa opzione, se ritenuta valida, ad esempio perché considerata più sostenibile. Al contempo e un freno per il Paese, poiché impedisce alle imprese di sviluppare soluzioni innovative con le quali potremmo invece crescere e competere, laddove altri lo faranno al posto nostro. L’Italia, sempre chiedendo il massimo rispetto dei criteri di sicurezza e trasparenza nella produzione e commercializzazione della carne coltivata, non dovrebbe chiamarsi fuori ma al contrario svolgere un ruolo nel dibattito europeo sul tema dando il contributo di cui è capace, anche riconsiderando le scelte frettolosamente prese a fine 2023."
Le principali resistenze a una dieta con meno carne in Italia sono legate, nel 34% dei casi, a tradizioni familiari e contesto culturale. Una parte significativa degli intervistati esprime scetticismo sull'effettivo impatto del proprio consumo: il 29% ritiene di consumarne già pochissima, mentre il 28% pensa che un cambiamento individuale non avrebbe effetti concreti.
Nonostante la difficoltà nel percepire l'impatto dei propri consumi, la consapevolezza è comunque presente: il 67% dei rispondenti chiede etichette più chiare sull'impatto ambientale della carne e il 58% crede che "mangiare meno carne" diventerà una tendenza diffusa entro dieci anni. L'offerta di alternative proteiche alla carne tradizionale è in crescita: alcune sono già sul mercato (dai prodotti vegetali a quelli a base di alghe o insetti), altre, come la carne coltivata o ottenuta tramite fermentazione di precisione, attendono l'autorizzazione dell'UE. Tuttavia, il 40% degli intervistati non ha mai sperimentato una di queste fonti alternative e il 44% ammette che preferirebbe mangiare meno carne piuttosto che sostituirla con alternative, spesso considerate troppo costose (49%).
Concentrandosi sulla carne coltivata, oltre il 70% degli italiani dichiara di averne già sentito parlare, anche se solo il 23% si considera realmente informato. Quasi la metà del campione (47%) si dice disposto a provarla qualora fosse disponibile sul mercato. La salute rimane il criterio principale con cui i consumatori valutano le novità alimentari. L'inchiesta di Altroconsumo conferma che il 46% degli intervistati non si fida del consumo di carne coltivata e il 50% esprime timori legati a possibili rischi per la salute nel lungo periodo. Nonostante ciò, il 34% si dichiara disposto a introdurla nella propria alimentazione se dimostrasse benefici per la salute, e quasi uno su tre tra gli scettici riconsidererebbe la propria posizione in presenza di vantaggi concreti.
Per rispondere alle preoccupazioni sulla sicurezza, è essenziale che la carne coltivata sia sottoposta a controlli rigorosi. La fiducia dei consumatori si concentra sugli enti pubblici, in particolare sull'EFSA (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) e sulle autorità nazionali equivalenti. Se approvata dall'EFSA, il 50% degli intervistati in Belgio, Italia, Portogallo e Spagna si dichiara disposto a provarla, anche perché nessun novel food può essere commercializzato nell'UE senza l'approvazione dell'EFSA e l'autorizzazione della Commissione. Anche il prezzo della carne coltivata è cruciale: quasi la metà degli intervistati si aspetta un costo inferiore rispetto alla carne convenzionale, il 31% la includerebbe nella dieta solo a fronte di un prezzo competitivo, e il 54% ritiene che il successo dipenderà dalla sua accessibilità.
Il tema dei prezzi è fondamentale, come emerso anche dal Termometro Altroconsumo 2025, che ha evidenziato come molte famiglie fatichino già a sostenere le spese alimentari di base. Oltre al costo, quasi la metà degli intervistati accetterebbe la carne coltivata solo se paragonabile, per gusto e consistenza, a quella tradizionale. Un obiettivo che richiede ulteriori progressi nei laboratori per ottenere il giusto profilo di grassi e aminoacidi senza ricorrere all'uso di additivi e aromi artificiali. Anche sul piano nutrizionale, è fondamentale garantire un apporto simile a quello della carne convenzionale, ricca di ferro, vitamina B12, Omega-3 e altri nutrienti essenziali. La trasparenza sulla composizione rimane un requisito imprescindibile.
La carne coltivata è percepita da metà degli intervistati come una soluzione a minore impatto ambientale, capace di ridurre emissioni e consumo di suolo, e favorire il benessere animale. Tuttavia, l'altra metà ignora questi aspetti, segnalando la necessità di informazioni più chiare e accessibili. L'inchiesta conferma che chi è più informato riconosce maggiormente i benefici climatici di questa alternativa (61%), rispetto al 35% di chi non ne ha mai sentito parlare.
Questa carne è vista anche come un'opportunità per garantire l'accesso al cibo: per il 42% degli intervistati, potrebbe rendere accessibile carne di alta qualità a un numero più ampio di persone. Allo stesso tempo, l'introduzione in commercio della carne coltivata consentirebbe all'Europa di ridurre l'importazione di proteine destinate all'alimentazione animale, rendendola meno dipendente dall'estero: ne è convinto il 46% degli intervistati. Secondo gli intervistati, infine, l'Europa dovrebbe creare proattivamente un piano per strutturare la produzione e commercializzazione della carne coltivata: il 61% chiede regole pubbliche per evitare monopoli e garantire equità, mentre il 48% sollecita l'Europa a sostenere più attivamente le alternative sostenibili. Dal punto di vista dei consumatori, si chiede che, una volta sul mercato, la carne coltivata sia: sicura per la salute, accessibile economicamente, ricca di nutrienti, simile nel gusto alla carne tradizionale, sostenibile e promossa attraverso informazioni chiare e oneste, con il supporto di dati scientifici.