Economia

Brunetta al Parlamento: “DPFP prudente, basi per crescita europea e sostegno alla domanda interna”

Redazione
 
Brunetta al Parlamento: “DPFP prudente, basi per crescita europea e sostegno alla domanda interna”
Un percorso di prudenza e controllo dei conti, senza rinunciare agli investimenti strategici e a una visione europea capace di trasformare la stabilità in crescita strutturale. È la sintesi dell’audizione odierna del presidente del CNEL, Renato Brunetta, davanti alle Commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato sul Documento programmatico di finanza pubblica 2025 (DPFP). In un passaggio chiave, Brunetta ha definito il DPFP “nuovo nel nome e nella sostanza”, collocandolo dentro un quadro globale “denso di incognite” in cui l’Europa sconta fragilità politiche in Francia e divisioni in Germania, ma mostra anche “un’inaspettata resilienza” a livello economico.

Brunetta al Parlamento: “DPFP prudente, basi per crescita europea e sostegno alla domanda interna”

La bussola del documento, ha spiegato, è “una prudente disciplina di bilancio improntata su una rigorosa condotta dei conti”, apprezzata da mercati e agenzie di rating, capace di “fornire un quadro normativo certo” e di “abbassare il costo dei finanziamenti a lungo termine” per famiglie e imprese. In quest’ottica, il PNRR resta una leva fondamentale, ha sostenuto la domanda e il comparto costruzioni, e la scelta del Governo di “evitare la caduta degli investimenti pubblici dopo la fine del PNRR” indica la volontà di proseguire l’adeguamento infrastrutturale del Paese, mitigando al contempo i rischi di contrazione della domanda interna.

Sul piano macro, Brunetta individua “un nuovo ruolo per la domanda interna”, superando l’impostazione di crescita trainata solo dall’export. Due i pilastri: lo spostamento del baricentro della crescita verso consumi e investimenti interni e “l’assunzione di nuove responsabilità dell’Unione europea sullo scacchiere globale”. Perché questa “rivoluzione copernicana” si compia, servono “un bilancio comunitario rafforzato” e “un migliore coordinamento delle politiche fiscali nazionali”. Da qui la proposta di un “PER”, un Piano Europeo di Rilancio, come controciclo keynesiano basato sulla domanda e sulla competitività, complementare al rigore dei conti.

Brunetta invita a “compiere bene l’ultimo miglio del PNRR”, evitando congestioni nel 2026 e il temuto “fiscal cliff”, e vede nel DPFP un tentativo “di stabilizzare più che rilanciare”. Senza un nuovo piano europeo e “una mobilitazione di capitale privato”, avverte, sarà complicato trasformare la stabilità in crescita strutturale. Intanto, “già nel marzo del 2026 l’Italia potrebbe uscire dalla procedura per deficit eccessivo” con il rapporto disavanzo/PIL al 3% o sotto, ciò aprirebbe la strada alla “clausola di salvaguardia nazionale” per aumentare la spesa in difesa e sicurezza, con un volano importante su industria, occupazione e tecnologie dual use. Il disegno è “assolutamente condivisibile” se gli stanziamenti “alimentano le filiere produttive interne”, restando però “inferiori ai margini” concessi da Bruxelles e compatibili con l’obiettivo di mantenere il deficit sotto il 3%. La manovra netta resta “contenuta”: 2,6 miliardi nel 2026 e 4,6 miliardi nel 2027-2028.

Sul fronte dell’offerta, il presidente del CNEL rimarca il ruolo dei servizi ad alta intensità di conoscenza (KIBS) come infrastruttura immateriale del Made in Italy e del turismo, che “esporta due volte”: servizi oggi, manufatti domani. Ma la produttività italiana soffre un deficit di capitale umano digitale e STEM, oltre a una minore scala media d’impresa, servono politiche sistemiche per spingere innovazione, digitalizzazione e capitale intangibile. Anche i salari reali, se in crescita, “incentivano le imprese a innovare”, a patto di favorire con la contrattazione collettiva meritocrazia e premi legati alla produttività, sostenuti da un utilizzo mirato della leva di bilancio.

Nel medio periodo il vero vincolo è demografico. Brunetta parla apertamente di “glaciazione demografica”, con invecchiamento accelerato, calo della natalità e riduzione della popolazione attiva. Le risposte? Attrazione di giovani talenti, “piena partecipazione” delle donne al lavoro, estensione della vita lavorativa e “immigrazione regolare” con percorsi di integrazione. Centrale la riduzione dei NEET, scesi al 15,2% ma ancora ben sopra il livello dei Paesi nordici, e l’allineamento tra formazione tecnico-scientifica e fabbisogni delle imprese. Altrettanto decisive le politiche per natalità e servizi alla famiglia, affrontando la tensione tra rilancio delle nascite e occupazione femminile di qualità.

La rotta industriale proposta è selettiva, con consiste nel “privilegiare i settori high-tech e ad alto contenuto innovativo”, contenere il costo dell’energia, superare la “spesa storica” e rafforzare la valutazione d’impatto delle politiche per catalizzare capitali privati. Infine, un cambio di paradigma sull’export, cioè “superare i totem dell’avanzo commerciale” come fine in sé. L’Italia ha una posizione netta sull’estero già oltre il 15% del PIL, ora serve “innalzare i salari reali” per alimentare la domanda interna e sostenere produttività e occupazione. La crescita, conclude Brunetta, “è in linea con Germania e Francia”, ma per ambire più in alto occorre “reindirizzare il risparmio europeo verso l’Unione”, creare strumenti comuni d’investimento e debito, e sviluppare una nuova classe di safe asset in euro. Il DPFP, ispirato alle nuove regole sulla spesa netta, “crea le basi” per questa traiettoria, la sfida è trasformare rigore e stabilità in sviluppo inclusivo e duraturo.
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