In un’epoca di sfiducia e frammentazione, i brand continuano a rappresentare un punto di riferimento per milioni di consumatori. È quanto emerge dal report “Brand Connection - The Age of Meaningful Brands” di Deloitte, che ha analizzato le abitudini e le percezioni di oltre 7mila persone in sette Paesi, tra cui l’Italia. Lo studio mostra un dato sorprendente: la fiducia verso i marchi è in crescita, sia verso i grandi brand (+20,1%) che verso quelli di nicchia (+29,2%). A guidare questa rinascita è soprattutto la Generazione Z, più incline a riconoscere nei brand valori autentici, esperienze emotive e appartenenza sociale.
I brand non vendono più prodotti, ma emozioni
Il marchio, insomma, non è più solo un simbolo commerciale ma un compagno di vita, un codice culturale. Per il 60% degli intervistati il brand resta garanzia di qualità e affidabilità, mentre oltre la metà (54,8%) ritiene che i marchi sappiano ancora “far sognare”. Un legame che non nasce solo dalla forza del prodotto, ma dalla capacità di evocare emozioni, memorie e visioni. Non a caso, sei italiani su dieci ammettono di amare i brand che richiamano i ricordi del passato, è il cosiddetto nostalgia marketing, che risveglia l’affezione verso marchi legati a momenti felici o generazioni precedenti.
Tuttavia, la fedeltà non è più un valore scontato. Il 45,7% degli intervistati non si sente legato a nessun marchio in particolare. La brand relevance è diventata una conquista continua, autenticità, coerenza e utilità concreta nella vita quotidiana sono i nuovi cardini della fiducia. I brand che semplificano, ascoltano e restano coerenti ai propri valori creano relazioni più forti e durature. In Europa, prevale un approccio pragmatico: contano la rilevanza (71,1%), la qualità (67,7%) e l’affidabilità (65,5%).
Nell’era digitale, poi, l’esperienza del cliente gioca un ruolo chiave. Il contatto umano è ancora decisivo: per un italiano su tre, la competenza e l’empatia del personale fanno la differenza al momento dell’acquisto. Nei settori del fashion e del food, invece, la rapidità nei pagamenti e nei resi è considerata indice di serietà e cura.
Anche il modo di comunicare dei brand è cambiato. Il social commerce, cioè la possibilità di acquistare direttamente attraverso i social media, è ormai un’abitudine per oltre la metà degli italiani (56,6%), mentre la comunicazione tramite influencer resta la chiave per raggiungere i più giovani (42% tra i 25-34 anni). In parallelo, si diffonde un nuovo linguaggio del coinvolgimento, fatto di storytelling autentico, esperienze interattive e partecipazione emotiva.
Come sottolinea Andrea Laurenza, Consumer Industry Leader di Deloitte Central Mediterranean, “essere rilevante oggi significa occupare uno spazio autentico nella vita delle persone, restando fedeli alla propria identità e partecipando alla conversazione culturale del tempo”. In altre parole, un brand è davvero “significativo” quando non si limita a vendere, ma riesce a esprimere un punto di vista sul mondo, riconoscendo la propria umanità, con errori, coraggio e trasparenza.
In tempi incerti, i marchi che sopravvivono non sono quelli più rumorosi, ma quelli più veri. Quelli che parlano meno di sé e più con noi.