Economia

Divergenza nei mercati obbligazionari: USA ed Europa a confronto

Francesco Castelli, responsabile obbligazionario di BANOR
 

È un mese di grande incertezza per i mercati obbligazionari: bond americani e bond europei, che per due anni sono andati a braccetto, entrano in una fase importante di divergenza. Dopo un primo taglio di 50 punti base, si scopre che il percorso di discesa dei tassi USA non è così scontato: l'economia americana continua a marciare spedita e gli stimoli cinesi riaccendono i timori inflazionistici.

La situazione in Europa è invece diametralmente opposta: Christine Lagarde ci ha confermato che l'economia stupisce al ribasso, tanto da indurre la BCE ad affrettare il percorso ribassista, con un nuovo taglio a ottobre. Malgrado qualche tensione sul fronte delle aspettative inflazionistiche di lungo periodo, la realtà europea mostra dati di inflazione rapidamente in ribasso: per la prima volta dallo shock inflazionistico del 2022, la BCE si confronterà con proiezioni di inflazione al di sotto del target. Nessuno spettro deflazionistico, ma l'ultima conferenza stampa ha confermato che il focus della BCE sta passando dall'inflazione alla crescita troppo bassa: un contesto economicamente deludente, ma di supporto per i possessori di titoli a reddito fisso.

La divergenza tra politica monetaria in Europa e in USA ha avuto un chiaro impatto sul mercato dei cambi: sembra definitivamente conclusa la fase di indebolimento del dollaro statunitense, che aveva perso 5 punti percentuali tra maggio e settembre, nel lungo periodo di attesa del primo taglio Fed.

L'indebolimento della situazione macroeconomica del Vecchio Continente conferma che la BCE dovrà continuare a tagliare i tassi, proteggendo i mercati obbligazionari e le posizioni di duration. Aiuta anche la disciplina fiscale, che la maggioranza dei Paesi europei continua ad accettare, anche se con non pochi malumori (come emerso anche in Italia, nel dibattito sulla manovra finanziaria 2025).

Come detto, Stati Uniti si contrappongono all’Europa: non ci azzardiamo a fare previsioni sulle prossime elezioni, ma è evidente che il controllo della spesa pubblica è l'ultimo dei problemi nella campagna elettorale USA. Nessuno dei due candidati alla presidenza ha manifestato alcuna intenzione di ridurre il disavanzo. Il peggioramento della situazione è un dato certo, più difficile invece prevedere se e quando il mercato girerà le spalle al Tesoro, forzando la politica a fare scelte difficili. Per il momento, notiamo solo un progressivo deterioramento dello swap spread: ormai il Tesoro americano si indebita a tassi decennali superiori di mezzo punto rispetto allo swap (ovvero rispetto alle previsioni di dove andranno i tassi Fed).

Che fare sul mercato del credito? Gli spread sono oggi meno attraenti di 12 mesi fa. Nel caso dei titoli High Yield, lo spread corrente è nella parte bassa della distribuzione storica (primo quartile) e si comincia a temere per la sopravvalutazione, soprattutto per la maggiore esposizione al rischio default, nel contesto di un rallentamento economico europeo. Le valutazioni correnti dei corporate investment grade, invece, non sono eccessive e sono perfettamente allineate alla mediana storica: un livello coerente con un contesto di rallentamento senza recessione. In una fase come questa, vale la pena contenere il beta di portafoglio, ma è comunque consigliabile rimanere investiti portando a casa un rendimento interessante e superiore all'inflazione attesa. Continua ad essere importante il lavoro di relative value e di allocazione settoriale: rinnoviamo il nostro consiglio di sovrappesare settori come subordinati finanziari, soprattutto le emissioni Lower Tier 2, meno volatili dei CoCo AT1. Questo settore continua ad offrire un premio importante, in valore relativo, rispetto ad emissioni di pari rating. Un premio sicuramente legato alla maggiore complessità (che va studiata con attenzione), ma non necessariamente a un maggiore rischio di default (che riteniamo remoto).


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