Nel complesso e delicato scenario bancario italiano, la sospensione dell’offerta pubblica di scambio (OPS) promossa da UniCredit su Banco BPM rappresenta non solo un passaggio giuridicamente controverso, ma anche un precedente potenzialmente pericoloso per l’equilibrio tra trasparenza del mercato e tutela dell’autonomia gestionale. In questo contesto, la reazione ferma e articolata di Banco BPM non va letta come una semplice resistenza alla proposta di aggregazione, bensì come un atto doveroso di salvaguardia istituzionale, strategica e reputazionale.
Banco BPM: la difesa della trasparenza, dell’autonomia e degli azionisti di fronte a un’offerta sospesa
Il provvedimento della Consob, che ha sospeso per 30 giorni l’offerta di UniCredit invocando l’art. 102, comma 6, lett. b) del TUF, si fonda su una presunta situazione di incertezza legata all’applicazione del Golden Power da parte del Governo. Tuttavia, secondo Banco BPM, tale sospensione appare “abnorme” e “di particolare gravità” per tre motivi chiave:
1. Assenza di “fatti nuovi”: la possibilità che il Governo imponesse prescrizioni nell’ambito del Golden Power era ampiamente nota fin dall’origine dell’OPS e costituiva già una delle condizioni di efficacia dell’offerta stessa. Le iniziative di UniCredit (istanze e ricorsi presso la Presidenza del Consiglio) sono invece successive, unilaterali e mai rese pubbliche agli investitori, come richiesto dalle regole di trasparenza dei mercati.
2. Rilevanza della comunicazione mancata: secondo quanto riportato dalla stessa Consob, UniCredit ha ammesso di non poter adempiere alle prescrizioni governative. Una dichiarazione tanto rilevante da compromettere l’efficacia stessa dell’offerta, che tuttavia non è stata comunicata tempestivamente al mercato. Questo, per Banco BPM, è un elemento che di per sé avrebbe dovuto comportare la decadenza automatica dell’OPS.
3. Un’estensione che danneggia la banca e il mercato: la durata già eccezionalmente lunga dell’offerta (già fissata nel massimo consentito dalla normativa) è stata ora ulteriormente prorogata. Ciò non solo congela la capacità decisionale e strategica della banca sotto la cosiddetta passivity rule, attiva sin da novembre 2024, ma lede gli interessi degli azionisti, dei dipendenti e dell’intero sistema di relazioni commerciali e industriali della terza banca italiana.
Banco BPM non si limita a una difesa formale. La posizione dell’istituto guidato da Giuseppe Castagna (in foto) intende sollevare una questione cruciale: il diritto-dovere di una banca sistemica italiana a non subire interferenze opache in un processo che coinvolge centinaia di migliaia di azionisti e decine di miliardi di capitalizzazione.
Non si tratta di una battaglia tra banche, né di un’arida schermaglia legale. In gioco vi è la credibilità stessa delle regole di mercato, l’indipendenza delle autorità, e soprattutto la correttezza delle informazioni offerte agli investitori. Che un operatore come UniCredit possa muoversi su due piani – uno pubblico e uno riservato – solleva interrogativi legittimi. La richiesta di autotutela e la comunicazione al Governo sull’inadempienza al Golden Power, mai comunicate in via ufficiale, non possono che generare confusione, se non disorientamento, tra gli stakeholder.
La decisione della Consob, oltre ad apparire in contrasto con prassi consolidate, rischia di legittimare un modello di “negoziazione per vie traverse”, in cui si sospendono operazioni di mercato non sulla base di fatti oggettivamente nuovi, ma di strategie interlocutorie che avvengono fuori dal perimetro trasparente del mercato stesso. In un momento storico in cui le regole di governance europea richiamano con insistenza alla responsabilità degli operatori finanziari, alla chiarezza informativa e all’autonomia degli attori economici, il caso UniCredit-Banco BPM potrebbe diventare un precedente inquietante se non affrontato con rigore giuridico e visione sistemica.
Banco BPM ha annunciato che valuterà ogni possibile iniziativa presso le sedi competenti – incluso un ricorso al TAR – per tutelare l’integrità del processo e i propri diritti. È probabile che il consiglio di amministrazione, già convocato a Verona, prenderà una decisione definitiva nei prossimi giorni.
Non si tratta di difendere uno status quo, ma di affermare che in democrazia economica anche i processi di aggregazione devono svolgersi nel pieno rispetto delle regole, della trasparenza e degli equilibri sistemici. La posizione di Banco BPM, in tal senso, si erge a presidio di una finanza che non vuole farsi fagocitare dal tatticismo e dai corridoi del potere.