Negli ultimi tempi, Matteo Salvini si è intestato molte battaglie, la maggior parte delle quali mirate a fare tornare a salire il consenso, suo personale e della Lega. Battaglie che spesso non sembrano attirare l'attenzione più di tanto, perché si tratta di minestre riscaldate o, come nel caso della rottamazione delle cartelle esattoriali, di cavalli di ritorno della propaganda salviniana. Ma il caso della messa in mora di Autostrade per l'Italia per le inadempienze legate al miglioramento della rete è diverso, perché la situazione delle tratte riguarda tutti, dal semplice cittadino che si sposta da una città all'altra per motivi personali o di chi lo fa per lavoro (e pensiamo, con umana comprensione, a chi guida un tir e si mette in viaggio non sapendo quando arriverà, tra rallentamenti per cantieri o blocchi per un incidente). Questa volta, però, è cosa diversa perché Salvini sembra avere impugnato il martello di Thor, cominciando a picchiare duro su un soggetto dalle cui scelte (o, se più aggrada, dalle cui manchevolezze) dipende gran parte del traffico autostradale del Paese.
E Salvini, evidentemente scottato dalle traversie del suo amatissimo Ponte sullo Stretto, ha menato dialetticamente come un fabbro su Aspi dicendo che o la società fa partire tutti i cantieri, senza che questo comporti un aumento del pedaggio, oppure ''si ridiscute tutto''.
Ma ''tutto'' cosa?
Sfrondando il campo delle ipotesi fantasiose sul significato intrinseco dell'aggettivo/pronome, poco resta se non la mitologica concessione, quel pezzo di carta che, una volta incassato, consente al destinatario di muoversi con una autonomia quasi totale, perché ''chi ha avuto, avuto, avuto, chi ha dato, dato dato''.... Allora, per riassumere, il problema è datato, seppure non propriamente antico, e in un qual certo modo sorprende che Salvini se ne sia reso conto adesso o che, avendolo ben presente anche in passato, solo ora ha avuto tempo, modo e motivazioni per tirarlo fuori.
Ed è un problema complesso perché le strade italiane (quindi, non solo quelle di pertinenza di Aspi) non sono nemmeno paragonabili a quelle di altri Paesi, in termini di manutenzione e di sicurezza. E suona strano, pur esprimendo la dovuta considerazione per i progetti del Ministro delle Infrastrutture, che Salvini si batta con ferocia leonina per il Ponte, mentre l'Italia vive il dramma di una rete viaria spesso non degna di un Paese avanzato (come insegnano quelle calabresi e siciliane, tanto per restare nell'area geografica dell'opera).
Ma questa è un'altra faccenda.
Quello che emerge con nettezza dalla sortita di Salvini è che la misura si sta colmando e che quindi - presumendo che lui parli anche a nome del governo - si potrebbero rivedere le considerazioni che hanno portato alle concessioni ad Aspi che, se gratificano, hanno anche delle incombenze che, ad oggi, appaiono inevase.
Un caso emblematico è quello di Genova, città martire dell'incuria e della colpevole sottovalutazione dei problemi viari, come drammaticamente ci ha lasciato in eredità il crollo del ponte Morandi. Genova, per le sue caratteristiche orografiche, vive di una rete di strade che dipendono da opere particolari, come viadotti e sopraelevate, che hanno bisogno di interventi manutentivi senza i quali rischiano di essere impraticabili. E l'appello del Comune di Genova ad Aspi, per destinare appunto alle manutenzioni parte dei ristori destinati alla città dopo la tragedia del Ponte Morandi, sembra essere caduto nel vuoto o, comunque, non avere avuto risposte pronte come il caso imporrebbe.
Il ministro Salvini, quindi, con una chiarezza dialettica che non sempre mette per iscritto, ha reso noto di avere investito i propri uffici per ''chiedere una ricognizione di tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria effettuati e da effettuare da Aspi sulla rete autostradale di competenza''.
Quindi, a meno che non intervengano ripensamenti da parte del Ministero, partirà una verifica, all'esito della quale saranno decise eventuali conseguenze sulla concessione.
Realisticamente, da qui a ipotizzare uni stravolgimento del rapporto tra lo Stato committente e Aspi concessionario ce ne corre, tra decisioni e possibili opposizioni in sede legale da parte della società. Ma questo potrebbe essere un segnale che possa finire la stagione delle cambiali in bianco e che, siccome ''pacta sunt servanda'', il mancato rispetto del contratti deve avere delle conseguenze sul piano pratico.
Il piatto delle concessioni è troppo ghiotto per pensare che Aspi non reagisca e quindi aspettiamoci che dalla società giungano rassicurazioni e promesse, insieme al proposito di velocizzare l'iter dei cantieri. Che sarebbe il minimo, ma siamo tutti abituati alle disillusioni, soprattutto quando si parla di denaro, e anche tanto.