In passato s'è sentito di peggio, ma quel ''vergognatevi'', pronunciato a Montecitorio, dal ministro dell'Istruzione, Giuseppe Valditara, all'indirizzo delle opposizioni, ha passato il segno e alla Camera è scoppiato il caos.
Dando per scontato che la materia è apparentemente delicata (parliamo di educazione sessuale per i nostri ragazzi a scuola, anche se in altri Paesi questo problema è stato superato senza scatenare una guerra di religione), a dare il via ad un profluvio di urla contro il ministro è stato quel ''vergognatevi''.
Educazione sessuale, le opposizioni contestano e Valditara urla
Un ''invito'' che Valditara ha messo in relazione a quel che per lui era un fatto vero - che le opposizioni avrebbero legato la legge ad un indebolimento della lotta ai femminicidi - e però, quando s'è accorto di averne pestata una ragguardevole, è stato costretto ad una marcia indietro, dicendo che quel collegamento è stato fatto, ma non in aula.
Quindi, le cose che l'hanno mandato in bestia sono o forse sarebbero state dette in altri contesti che non quelli parlamentari. Però quel rimprovero alle opposizioni è stato fuor di luogo, per contenuto e per modalità.
La contestazione arrivata dal ministro ha riguardato fatti generici e che comunque, anche se fossero veri, non giustificano una reazione così violenta, come quando ha chiesto a chi non condivide la legge di vergognarsi per gli argomenti usati per ostacolarne l'iter.
Come ci insegna la cronaca, quando si tratta di una legge proposta dai governi e che le opposizioni si sentono autorizzate a fermare, gli argomenti cui si fa ricorso sono talvolta anche surreali, ma che sono sempre e comunque tutelati dal diritto/dovere del parlamentare di parlarne senza per questo essere insultato.
Perché il verbo cui ha fatto ricorso il ministro reca in sé l'accusa di avere usato una motivazione che si sapeva essere falsa. Ma che, per il suo impatto emotivo, come sono i femminicidi, è troppo sconvolgente per giustificarne la strumentalizzazione anche da parte di un avversario politico.
E poi, peraltro, c'è stato il tono usato dal ministro, che ha alzato la voce ben più di quello che ci si aspetta da un rappresentante del governo che difende il suo operato, ma deve dare di sé una immagine di compostezza, di controllo, di rispetto dell'aula e verso chi ne fa parte che a Valditara sono mancati.
Lui ha gridato, ha sventolato i fogli del suo intervento e, toccato il climax del suo ragionamento, ha fatto partire la bordata.
Le opposizioni hanno fatto sentire subito la loro voce e, il deputato del Pd Andrea Casu ne ha chiesto conto, parlando di ''parole così indegne che non sono solo una offesa nei confronti dell'opposizione, ma sono una offesa nei confronti del Parlamento''.
Valditara, davanti alla consapevolezza (postuma) di avere superato il confine del diritto alla difesa del proprio operato, finendo nel territorio della contumelia (che in questo caso potrebbe essere raffigurare il mancato rispetto del ruolo, costituzionalmente tutelato, delle opposizioni e quindi del fatto di potere contestare senza essere insultate o minacciate), ha fatto una marcia indietro, che forse, a fronte delle sue parole, è quasi una marcetta.
''Voglio subito chiarire - ha detto riprendendo la parola in aula - che le mie affermazioni non avevano carattere personale, ma politiche. Le mie erano contestazioni di natura politica. Mi dispiace se qualcuno di voi si sia sentito offeso, ma ribadisco che questo disegno di legge non indebolisce in alcun modo la lotta ai femminicidi e alla violenza di genere''.
Cosa che nessuno ha mai contestato, almeno in aula.