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Rivoluzione industriale della difesa europea: i primi cantieri del nuovo ecosistema

di Salvatore Tafuro
 
Rivoluzione industriale della difesa europea: i primi cantieri del nuovo ecosistema

Dal quadro istituzionale alle risposte dell’industria

 La prima parte di questo approfondimento sull’industria della difesa continentale ha mostrato come le istituzioni europee si trovino nel pieno di una nuova fase di progettazione strategica in cui sicurezza, economia e tecnologia convergono verso un’unica traiettoria: la creazione di una difesa realmente comune. La Roadmap Readiness 2030 e i nuovi strumenti finanziari definiscono un cambiamento strutturale che supera la logica del riarmo e ristabilisce una programmazione industriale ambiziosa, capace di definire le priorità del nostro continente, da oggi fino al prossimo decennio, senza favorendo l’iniziativa privata e governativa.

Questo passaggio si è rivelato essenziale per comprendere la direzione intrapresa dall’Unione, ma il modus operandi delle Giovani Menti si fonda sugli esempi concreti, sui risultati della ricerca e dell’innovazione. Per questo motivo il nostro percorso alla scoperta della ristrutturazione della difesa europea entra nel vivo: esploreremo le prime risposte provenienti dall’industria, le collaborazioni che stanno ridisegnando la geografia tecnologica e produttiva del continente e il ruolo delle tecnologie dual-use. Uno scenario che non riguarda solo governi e imprese, ma apre nuove opportunità alla nostra generazione chiamata a vivere e contribuire a questo nuovo ciclo industriale.

Segnali positivi dall’Italia: le Joint Venture di Leonardo S.p.A.

I Paesi Membri, o meglio i grandi campioni privati del settore Aerospazio, Difesa e Sicurezza non hanno perso tempo, hanno iniziato a muoversi con una rapidità che anticipa l’integrazione invocata da Bruxelles. Un esempio lampante di prontezza ci giunge dalla recente esperienza di Leonardo S.p.A, una delle società che si trova in prima linea per tracciare la strada di un’industria europea integrata. Tramite le recenti Joint Venture che hanno coinvolto la società italiana, che si inseriscono in una complessa costellazione di collaborazioni, il nostro Paese sta contribuendo alla costruzione di un nuovo ecosistema industriale tra paesi europei e Nato, modificando allo stesso tempo la geografia della difesa continentale.

A tal proposito, ecco una breve descrizione delle operazioni più significative degli ultimi mesi:

1. La prima svolta è arrivata con la joint venture tra Leonardo e Rheinmetall, una collaborazione paritaria che rappresenta molto più di un progetto tecnico. L’Italia e la Germania hanno deciso di mettere insieme competenze, tecnologie e capacità produttive per sviluppare il carro armato di nuova generazione (IMBT) e il veicolo da combattimento A2CS, due piattaforme destinate a sostituire sistemi ormai obsoleti e a definire uno standard comune europeo. È notizia delle ultime settimane il contratto di fornitura di veicoli corazzati per l’Esercito Italiano, un primo traguardo importante per la sinergia tra i due colossi della difesa europea.

2. La seconda alleanza strategica vede Leonardo accanto a un partner molto diverso ma altrettanto cruciale: Baykar Technologies, leader globale nel settore dei droni. Con la nascita di LBA Systems, Italia e Turchia si preparano a colmare uno dei gap più evidenti della difesa europea: la mancanza di una produzione autonoma di UAV avanzati.

3. Infine, lo spazio. Il dominio che più di ogni altro definisce la superiorità tecnologica contemporanea. Con il memorandum d’intesa con Airbus e Thales, Leonardo contribuisce alla nascita di un vero polo europeo privato dello spazio: un sistema che integra osservazione terrestre, comunicazioni sicure, early warning, resilienza infrastrutturale e tutte quelle capacità che, sempre più, stanno al confine tra civile e militare.

La strada tracciata da Leonardo non rimane fine a se stessa o poco frequentata, giorno dopo giorno rappresenta uno snodo centrale. Infatti, un segnale aggiuntivo della trasformazione industriale in corso arriva dalla nuova partnership tra Fincantieri e la società albanese KAYO. La joint venture, firmata durante il vertice Italia–Albania, punta a sviluppare e manutenere navi militari nel cantiere di Pashaliman, che sarà modernizzato grazie agli investimenti locali e al know-how tecnologico italiano. Un progetto che rafforza l’asse strategico tra i due Paesi e amplia la capacità produttiva della cantieristica militare nel Mediterraneo.

Prese singolarmente sembrano collaborazioni distinte, due  tra difesa terrestre e marittima, una su quella aerea e un’altra sul dominio spaziale, ma insieme rivelano un disegno preciso: l’Europa sta cercando di superare la frammentazione dei suoi 27 Stati Membri incentivando la costruzione di capacità e prodotti realmente condivisi.

Queste joint venture non rispondono solo a esigenze industriali, ma creano anche una saldatura geopolitica tra membri chiave dell’Alleanza Atlantica rafforzando la coesione. Infine, in una stagione in cui i conflitti si giocano sempre più nello spazio e nei flussi digitali, queste intese diventano essenziali per garantire che l’Europa resti un attore - e non un semplice consumatore  - nella nuova competizione tecnologica globale.

Innovazione dual-use e un futuro da costruire

La storia recente ci ricorda una verità spesso ignorata: molte delle tecnologie che oggi definiscono la nostra quotidianità come: Internet, GPS, microchip, satelliti, robotica, cybersecurity, intelligenza artificiale, nascono dalla ricerca applicata dei settori della difesa. Senza questi comparti oggi non esisterebbero l’informatica moderna, la robotica o gran parte delle infrastrutture digitali su cui si regge la società contemporanea.

La difesa è uno dei motori tecnologici più potenti della storia moderna, capace di generare innovazioni che si riversano in medicina, energia, mobilità, sicurezza civile, comunicazioni e industria.

Per questo il nuovo ciclo europeo non va letto solo come “riarmo”, ma come una trasformazione più ampia che ridisegnerà il mercato del lavoro, la competitività tecnologica e la stessa economia del continente. L’unica via per non rimanere indietro è agganciare la nuova rivoluzione industriale fatta di ambiti dove il dual-use è ormai la regola e non l’eccezione. Lo dimostrano anche esempi recenti: i droni impiegati in agricoltura e logistica, le reti satellitari usate per prevedere e gestire disastri naturali, le tecnologie di crittografia quantistica per proteggere dati civili e finanziari.

In questo scenario, il ruolo della nostra generazione diventa decisivo.

Siamo la prima generazione davvero nativa digitale, quella che vive l’innovazione come ambiente naturale e che percepisce la sicurezza non come un tema militare, ma come protezione dei dati, delle reti, dell’identità e delle infrastrutture critiche. È proprio per questo che il rapporto tra difesa, innovazione e società civile non deve essere vissuto come minaccia, ma come un campo di opportunità di partecipazione nel grande cantiere tecnologico europeo.

Il periodo che viviamo, come più volte capita di dire, è complesso e instabile. Ma proprio nella complessità si aprono spiragli di progresso. Se l’Europa saprà integrare ricerca, industria e sostenibilità (e gli esempi ci fanno ben sperare) questo nuovo ciclo non annuncerà un ritorno alla guerra, ma un ritorno alla stabilità, alla sicurezza e alla capacità di innovare.

E per la nostra generazione potrebbe rappresentare non un’epoca da subire, ma una stagione da costruire.

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