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Manovra 2025: la Camera avvia l'ultimo atto. Obiettivo deficit sotto il 3% per uscire dalla procedura UE

di Redazione
 
Manovra 2025: la Camera avvia l'ultimo atto. Obiettivo deficit sotto il 3% per uscire dalla procedura UE
Il sipario si alza sull'ultimo atto della sessione di bilancio 2025. Dopo un iter durato 63 giorni al Senato – definito dal Ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti un "percorso tortuoso" – la Legge di Bilancio è approdata alla Camera dei Deputati per la seconda lettura. Il tempo è il fattore critico: con la scadenza del 31 dicembre alle porte, il testo è formalmente "blindato". Non sono ammessi margini di modifica per evitare il ricorso all'esercizio provvisorio, un'ipotesi che il governo Meloni intende scongiurare per garantire la continuità dei mercati e la stabilità dei conti pubblici.

I lavori a Montecitorio sono iniziati in Commissione Bilancio sotto la guida dei relatori Andrea Barabotti (Lega), Andrea Mascaretti (FdI) e Roberto Pella (FI), alla presenza della sottosegretaria Sandra Savino. Sebbene il termine per gli emendamenti sia stato fissato per il primo pomeriggio di oggi, la loro natura sarà puramente formale.

L’agenda parlamentare è serrata
: Domenica, chiusura dei lavori in Commissione. Lunedì: discussione generale in Aula e voto sulla questione di fiducia, attesa in serata. Martedì 30 dicembre: voto finale e approvazione definitiva.

Il "pallottoliere" della legge si ferma a 22,3 miliardi di euro per il 2026. La strategia di via XX Settembre è chiara: una manovra "prudente" che mira a portare il deficit sotto il 3% già nel 2025, con un anno di anticipo rispetto alle tabelle di marcia europee. Questo risultato consentirebbe all'Italia di uscire dalla procedura per disavanzo eccessivo dell'UE, permettendo una gestione più flessibile della spesa per la difesa nel calcolo dei parametri Nato.

Il cuore degli interventi fiscali (circa 7,9 miliardi) ruota attorno alla rimodulazione dell'Irpef. La riduzione della seconda aliquota dal 35% al 33% per lo scaglione 28.000-50.000 euro vale 2,9 miliardi nel 2026. Tuttavia, per i redditi superiori ai 50.000 euro (fino alla soglia di 200.000), il beneficio sarà sterilizzato da un taglio selettivo delle detrazioni fiscali.

Oltre alle macro-misure, il testo introduce norme destinate a impattare direttamente sui consumi e sul sociale:

Sanità: rifinanziamento da 2 miliardi di euro.

Famiglia: interventi mirati per le madri lavoratrici (circa 850 milioni complessivi) e revisione dell'ISEE, che ora esclude la prima casa fino a 200.000 euro.

E-commerce: introduzione di una tassa di 2 euro sui piccoli pacchi extra-UE di valore inferiore ai 150 euro.

Pensioni: parziale sterilizzazione dell'aumento dell'età pensionabile (un solo mese di incremento anziché tre), con un costo di 1,2 miliardi a partire dal 2027.


Nonostante la compattezza della maggioranza, il clima politico resta incandescente. Il capogruppo del PD al Senato, Francesco Boccia, ha lanciato un duro affondo in un'intervista a Repubblica, parlando di "promesse elettorali smentite dai fatti". Secondo Boccia, la pressione fiscale ha toccato il 42,8% del Pil, il picco dell'ultimo decennio, mentre la produzione industriale segna il passo in 34 degli ultimi 38 mesi.

L'opposizione punta il dito contro l'assenza di una vera spinta alla crescita, che il Governo stima allo 0,7% per il 2026, sottolineando come, senza il volano del PNRR, l'economia italiana rischierebbe la stagnazione o la recessione.

Con il voto di martedì, l’esecutivo punta a consegnare al Paese una manovra già operativa dal primo gennaio. Se da un lato il Governo rivendica la messa in sicurezza dei conti e il sostegno ai redditi medio-bassi, dall'altro resta aperta la sfida della crescita strutturale in un contesto globale sempre più incerto.
 
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