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La generazione Erasmus: giovani, Europa e identità economica comune

di Pasquale Colello
 
La generazione Erasmus: giovani, Europa e identità economica comune
Come l’esperienza internazionale plasma la visione economica dei ragazzi e perché l’Erasmus è un “investimento sociale” per l’Unione Europea

L’EUROPA CHE PERDE FIDUCIA, L’EUROPA CHE UNISCE

In un’Europa che, negli ultimi tempi, a causa delle numerose riforme in ambito green, dei pochi provvedimenti concreti per inseguire i campioni tecnologici oltreoceano e della scarsa rilevanza a livello internazionale, sta progressivamente perdendo credibilità agli occhi dei propri cittadini, esiste un programma chiamato Erasmus che genera l’effetto opposto. Un programma capace di unificare, rafforzare e far sentire i giovani dei 27 Stati membri parte di un unico grande Paese: l’Europa.

COS’È IL PROGRAMMA ERASMUS E QUAL È LA SUA STORIA

Il programma Erasmus è l’iniziativa dell’Unione Europea che promuove la mobilità internazionale di studenti, docenti e tirocinanti, con l’obiettivo di favorire la cooperazione educativa, la conoscenza interculturale e la costruzione di un’identità europea comune. Il nome Erasmus, oltre a essere l’acronimo inglese di European Region Action Scheme for the Mobility of University Students, richiama alla mente Erasmo da Rotterdam, simbolo del pensiero libero e dello scambio culturale tra i popoli europei.

Lanciato nel 1987 dalla Comunità Economica Europea, il programma contava 11 Paesi e poco più di 3.000 studenti. Oggi coinvolge oltre 30 Paesi e ha offerto un’esperienza di mobilità a più di 12 milioni di persone, trasformandosi in un vero laboratorio di identità europea, un vivaio di menti aperte e internazionali.

L’ESPERIENZA INTERNAZIONALE COME LEVA ECONOMICA E CULTURALE

L’Erasmus non è solo uno scambio universitario: è un microcosmo dell’economia europea in azione. Giovani provenienti da Paesi con diversi livelli di sviluppo, sistemi fiscali e modelli di welfare si incontrano, studiano e collaborano in un contesto comune.

Questo contatto diretto trasforma le differenze in risorse: un italiano impara l’efficienza tedesca, uno spagnolo scopre la logica sociale dei Paesi nordici, un austriaco comprende la flessibilità del Sud Europa. Secondo un rapporto della Commissione Europea, il 93% degli studenti Erasmus sviluppa un maggiore apprezzamento per le altre culture, il 91% migliora le proprie abilità linguistiche e la probabilità di occupazione aumenta del 23% rispetto ai coetanei che non partecipano al programma.

Inoltre, il 70% afferma che l’esperienza all’estero ha aiutato a chiarire la propria direzione professionale, talvolta completamente diversa da quella immaginata prima della partenza. In altre parole, l’Erasmus non è solo un periodo di studio: è una palestra di capitale umano.

UNA NUOVA ALFABETIZZAZIONE ECONOMICA

Confrontarsi con altri sistemi educativi e modelli di crescita fa nascere nei giovani una consapevolezza economica più ampia. Chi vive in un Paese diverso dal proprio tocca con mano temi come la divergenza di produttività, la dinamica salarialeo la politica monetaria comune, non più come concetti astratti ma come realtà quotidiane.

Ed ecco che il diverso costo della vita smette di essere un dato statistico e diventa qualcosa di concreto, che si sperimenta facendo la spesa, tagliandosi i capelli o iscrivendosi in palestra. Allo stesso modo, la qualità della vita viene osservata da un punto di vista nuovo, il proprio, permettendo di capire meglio, nel caso di noi italiani, che cosa davvero non funziona nel nostro Paese e che cosa gli altri ci invidiano. Nei campus europei, la teoria economica incontra la vita reale: i ragazzi discutono del ruolo della BCE, dei fondi di coesione o delle disuguaglianze territoriali con una prospettiva interdisciplinare e comparata.

In questo senso, la “Generazione Erasmus” rappresenta una nuova élite civica: non solo mobile e qualificata, ma capace di leggere le dinamiche economiche europee con uno sguardo unitario. Ogni anno l’Unione Europea destina oltre 4 miliardi di euro ai programmi di mobilità e cooperazione accademica.

Una cifra che potrebbe sembrare una semplice voce di spesa, ma che in realtà è uno degli investimenti sociali a più alto rendimento della storia europea.

Ogni studente Erasmus è un moltiplicatore di valore economico e civile. Durante il periodo all’estero, crea reti accademiche, professionali e culturali che superano i confini nazionali, alimentando un capitale sociale europeo diffuso. Secondo la Commissione Europea, oltre il 30% degli ex studenti Erasmus lavora oggi in contesti internazionali e circa il 10% ha fondato o cofondato una start-up con partner di altri Paesi europei. Questi legami favoriscono la circolazione delle competenze e la nascita di imprese cross-border, spesso basate su modelli collaborativi e sostenibili. Si tratta di un effetto moltiplicatore che genera integrazione economica dal basso, complementare alle politiche macroeconomiche dell’Unione.

Ma l’impatto va oltre l’economia. L’Erasmus contribuisce anche alla stabilità democratica e sociale del continente, creando una generazione abituata al confronto e alla diversità, resiliente alle narrazioni populiste e protezioniste, di cui abbiamo avuto numerosi esempi nell’utlimo periodo, che minacciano la coesione europea. Finanziare la mobilità studentesca significa, dunque, investire nel capitale umano e civico dell’Europa. L’Erasmus non produce solo laureati più competenti: produce cittadini europei consapevoli, capaci di tradurre la cooperazione in progresso comune.

CONCLUSIONE

In un momento storico segnato da crisi geopolitiche, inflazione e sfiducia verso le istituzioni, l’Erasmus rimane una delle più riuscite politiche di lungo periodo dell’Unione Europea. Non crea solo studenti più preparati, ma cittadini più consapevoli, capaci di leggere l’economia come il linguaggio comune di un continente che, nonostante le differenze, continua a credere nel valore della cooperazione.

La Generazione Erasmus è la prova vivente che investire nei giovani significa investire nella stabilità e nella prosperità dell’Europa stessa, molto più di quanto qualsiasi investimento in armamenti potrà mai fare.
 
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