Il settore insurtech italiano sta attraversando una fase di profonda trasformazione, trainata dall’evoluzione dei modelli digitali, dall’impiego di algoritmi predittivi e dall’affermazione di nuove esperienze per il cliente. L’interesse del mercato esiste, gli investimenti nel capitale di rischio sono in crescita, e la consapevolezza del valore dell’innovazione è ormai consolidata anche tra gli operatori tradizionali. Tuttavia, nonostante condizioni macro favorevoli, l’Italia continua a rimanere marginale rispetto ai grandi ecosistemi europei.
Il nodo non è la scarsità di capitali come si potrebbe pensare, bensì l’insufficiente numero di startup insurtech presenti sul mercato. Nel 2024 il venture capital italiano ha mobilitato circa 1,5 miliardi di euro su 417 round (+28% rispetto al 2023 – fonte Growth Capital & Italian Tech Alliance), mentre le startup insurtech nazionali hanno raccolto circa 38 milioni di euro, contro i 3,9 milioni del 2023.
L’ammontare complessivo degli investimenti resta contenuto non solo perché il capitale disponibile è limitato, ma soprattutto perché il numero di startup target è ancora troppo ristretto. Questo non è un mero problema economico: è una questione di cultura imprenditoriale, che fatica a generare massa critica e visione a lungo termine.
Le analisi più recenti confermano infatti che il mercato Insurtech italiano incide per meno del 5 % dei round europei e che gran parte delle startup segnala difficoltà strutturali nella raccolta e nello sviluppo.
A livello europeo il gap è evidente. Secondo i dati Tracxn, oggi il Regno Unito conta circa 1.026 insurtech attive, la Germania 264, la Francia circa 250, mentre l’Italia si ferma a 86. Questo divario emerge ancor più chiaramente osservando la nascita di nuove startup: incrociando i principali osservatori europei (Dealroom-MAPFRE, McKinsey, Sifted/CB Insights), si stima che tra il 25% e il 35% delle realtà insurtech operative oggi sia nata dopo il 2020.
Le ragioni di questa bassa “natalità” a livello italiano sono strutturali e possono essere racchiusi principalmente in 4 punti fondamentali:
1) Il settore assicurativo è altamente regolamentato: l’accesso al mercato assicurativo richiede competenze tecniche, autorizzazioni e processi di compliance complessi, che spesso sono difficili da gestire. Inoltre, le conoscenze assicurative restano per lo più all’interno delle compagnie tradizionali e raramente si trasformano in iniziative imprenditoriali autonome.
2) Una cultura dell’innovazione assicurativa ancora in via di consolidamento: l’Italia sta maturando solo negli ultimi anni una sensibilità verso l’insurtech come mercato autonomo. Permane una carenza di percorsi formativi, incubatori e acceleratori specializzati e, nonostante siano in aumento, le collaborazioni tra compagnie e startup restano episodiche, più orientate a progetti pilota che a scale-up industriali.
3) Un ecosistema di venture capital nazionale non ancora specializzato: il venture capital nazionale è in crescita, ma la maggior parte dei fondi si concentra ancora su settori percepiti come più rapidi da scalare.
4) Il corporate venture assicurativo rimane frammentato: sono presenti casi virtuosi (come Reale Mutua o Yolo), ma l’impegno sistematico nel sostenere nuove iniziative è ancora distante dai livelli osservati in Francia, Germania e Regno Unito dove le compagnie investono sistematicamente per costruire innovazione esterna e scalabile.
In questo contesto, il ruolo di Italian Insurtech Association è stato e continuerà a essere quello di costruire un ambiente fertile per la nascita di nuove imprese, favorendo l’incontro tra idee, capitali e competenze. Attraverso programmi di networking, mentoring e formazione, l’associazione sostiene la nascita di talenti imprenditoriali, mettendo in relazione startup con compagnie assicurative, corporate partner e potenziali investitori, al fine di facilitare l’accesso a capitali, competenze e canali distributivi con l’ obiettivo di creare un ecosistema in cui le startup possano nascere, crescere e dialogare in modo strutturato con compagnie, investitori e mercato.
L’Italia dispone di competenze tecnologiche, know-how assicurativo e capitali pronti a essere investiti. Ciò che ancora manca è la capacità di tradurre queste risorse in una generazione costante di nuove imprese insurtech. Solo aumentando il numero di startup potremo passare da un mercato in fase sperimentale a un ecosistema maturo, attrattivo e competitivo a livello europeo.
La sfida non è immaginare il futuro dell’insurtech italiano, ma pensarlo creando le condizioni perché nuove iniziative imprenditoriali possano nascere, crescere e scalare.