Economia

Imprese rosa, l’Italia guida l’Europa con record di donne imprenditrici, ma resta il nodo dell’occupazione

di Redazione
 
Imprese rosa, l’Italia guida l’Europa con record di donne imprenditrici, ma resta il nodo dell’occupazione
L’Italia si conferma il Paese con il più alto numero di donne imprenditrici nell’Unione europea, un primato che racconta un volto dinamico e intraprendente dell’economia femminile, ma che convive ancora con una fragilità strutturale sul fronte dell’occupazione. Secondo l’Ufficio studi della CGIA di Mestre, nel 2024 le partite Iva intestate a donne hanno raggiunto quota 1.621.800, pari al 16% del totale delle donne occupate in Italia. Un dato che colloca il nostro Paese davanti a Francia, Germania e Spagna, sia in termini assoluti sia per incidenza sul lavoro femminile.

In Francia le imprenditrici sono 1.531.700, ma rappresentano solo il 10,8% delle donne occupate, in Germania si fermano a 1.222.300 (6,1%), mentre in Spagna sono 1.136.000 (11,3%). L’Italia, dunque, guida la classifica per numero e peso relativo, confermando una propensione all’autoimprenditorialità più marcata rispetto agli altri grandi Paesi dell’area euro.

La spinta non si è arrestata nel 2025. Nei primi nove mesi dell’anno, lo stock medio di imprese guidate da donne è salito a 1.678.500 unità, con una crescita del 2,7% rispetto allo stesso periodo del 2024. Un ritmo più che doppio rispetto a quello dell’imprenditoria maschile, che nello stesso arco temporale ha registrato un incremento dell’1,1%. Un segnale di vitalità che, pur partendo da una base numericamente inferiore, evidenzia una capacità di espansione superiore.

La mappa settoriale dell’imprenditoria femminile conferma una forte concentrazione nei servizi e nel commercio. Sette imprese su dieci guidate da donne operano in questi comparti, che complessivamente rappresentano il 71% del totale. Al 30 settembre 2025, il commercio è il settore con il maggior numero di aziende “in rosa”, con 288.411 attività. Seguono l’agricoltura, che conta 186.781 imprese femminili, gli altri servizi alla persona, come parrucchiere, estetiste, tatuatrici, massaggiatrici e lavanderie, con 136.173 unità, e il comparto alloggio e ristorazione con 120.744 imprese. Una distribuzione che riflette sia le opportunità offerte dal mercato sia le competenze tradizionalmente sviluppate, ma che segnala anche margini di crescita in ambiti a più alto valore aggiunto.

Accanto al primato positivo, resta però il paradosso italiano. Nonostante l’elevato numero di imprenditrici, il tasso di occupazione femminile continua a essere il più basso dell’Unione europea. Una contraddizione che affonda le radici nel peso sproporzionato del lavoro domestico e di cura che grava sulle donne e nella storica carenza di investimenti nei servizi sociali e per la prima infanzia. La mancanza di un sistema diffuso di supporto ha limitato, nel tempo, sia la partecipazione delle donne al mercato del lavoro sia la creazione di nuovi posti occupabili prevalentemente da manodopera femminile.

In questo contesto, l’imprenditoria femminile assume anche un valore sociale oltre che economico. Numerosi studi internazionali evidenziano come le donne che fanno impresa tendano ad assumere altre donne in misura significativamente superiore rispetto ai colleghi uomini. Una dinamica virtuosa che può contribuire a ridurre il divario occupazionale di genere, trasformando l’autoimpiego in un moltiplicatore di opportunità. Il record europeo dell’Italia, dunque, non è solo una statistica, ma un potenziale motore di inclusione e crescita. Perché diventi strutturale, però, occorre affiancare alla spinta imprenditoriale politiche più incisive su welfare, servizi e conciliazione tra lavoro e vita privata.
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