Economia

EY: l’Italia cresce con passo misurato, dazi sotto controllo e sfida competitività tra innovazione e mercati emergenti

di Redazione
 
EY: l’Italia cresce con passo misurato, dazi sotto controllo e sfida competitività tra innovazione e mercati emergenti
Il 2025 si chiude per l’economia italiana con una crescita moderata ma stabile, in un contesto internazionale segnato da volatilità geopolitica, tensioni commerciali e profondi cambiamenti strutturali. Secondo le stime presentate da EY, il Pil italiano registra un aumento dello 0,5%, sostenuto soprattutto dalla tenuta dei consumi (+0,8%) e da un’accelerazione degli investimenti (+3,2%), mentre il contributo della domanda estera resta negativo, riflettendo le difficoltà del commercio internazionale.

Le stime fanno emergere un sistema economico capace di assorbire shock esterni senza perdere completamente slancio. Le barriere commerciali introdotte dagli Stati Uniti hanno avuto un impatto limitato sull’economia nazionale, incidendo per appena -0,1% sul Pil nel 2025, senza determinare un rallentamento significativo delle esportazioni italiane. Più visibile, invece, è il segnale di raffreddamento degli investimenti outbound da parte delle imprese statunitensi, in un contesto di maggiore incertezza globale.

A sostenere la crescita italiana contribuisce anche un mercato delle fusioni e acquisizioni che resta su livelli elevati. Nel corso del 2025 sono state annunciate oltre 1.200 operazioni, con una stima di circa 1.350 deal a fine anno e un controvalore complessivo prossimo ai 70 miliardi di euro, in aumento del 9,5% rispetto al 2024. I megadeal superiori al miliardo di euro hanno trainato i valori medi delle operazioni, mentre fondi di private equity e infrastrutturali hanno giocato un ruolo centrale, rappresentando oltre il 45% delle transazioni con target italiani, anche grazie a una forte incidenza di operazioni di add-on.

Parallelamente, le aziende italiane confermano una solida propensione a investire all’estero. Nel 2025 si stimano oltre 300 operazioni outbound, con una crescita dell’11% in numero e superiore al 50% in valore, concentrate soprattutto negli Stati Uniti e nei principali mercati europei. Il settore industriale continua a rappresentare una quota rilevante delle transazioni, ma è il comparto tecnologico a mostrare la dinamica più brillante, salendo a oltre il 22% del totale, segnale di una crescente attenzione all’innovazione come leva competitiva.

Le prospettive per il 2026 delineano uno scenario di moderato ottimismo. EY prevede una crescita del Pil pari allo 0,7%, ancora trainata dai consumi privati (+0,6%) e da investimenti in aumento (+1,2%), seppur con un ritmo più contenuto rispetto al 2025. La frenata degli investimenti è legata soprattutto al calo del comparto residenziale e a una normalizzazione della crescita degli investimenti non residenziali. Il contributo della domanda estera resterà negativo anche nel 2026, con un possibile impatto dei dazi statunitensi che, nelle ipotesi più sfavorevoli, potrebbe arrivare fino a -0,5% del Pil.

In questo contesto, secondo il managing partner di EY-Parthenon in Italia Marco Daviddi (nella foto), l’Italia è chiamata a cogliere tre opportunità strategiche: rafforzare il proprio ruolo di ponte tra Nord e Sud guardando ai mercati emergenti, adottare l’Intelligenza Artificiale come vero abilitatore di competitività e continuare a ridurre i costi sistemici del fare impresa attraverso investimenti infrastrutturali, energetici e una maggiore integrazione logistica. La reattività delle imprese, in uno scenario incerto, diventa così un fattore decisivo.

Sul piano globale, le analisi di Oxford Economics indicano un progressivo rallentamento della crescita mondiale nei prossimi anni, con l’economia globale destinata a scendere sotto il 3% entro fine decennio. Negli Stati Uniti la crescita resterà intorno al 2,3% nel breve periodo, per poi indebolirsi anche a causa di dazi, minori investimenti in ricerca e sviluppo e politiche meno favorevoli alla globalizzazione. In Europa, la crescita continuerà a essere contenuta, frenata da fattori strutturali e dall’eredità della crisi energetica.

In questo scenario complesso, la digitalizzazione e l’Intelligenza Artificiale rappresentano uno dei pochi veri motori potenziali di produttività. Secondo Oxford Economics, l’IA potrebbe aumentare la produttività statunitense di circa 0,3 punti percentuali l’anno nei primi anni Trenta, con benefici più contenuti ma significativi anche per l’Eurozona. L’Italia dovrà tradurre queste opportunità in investimenti concreti e riforme strutturali, per trasformare una crescita moderata in uno sviluppo più solido e duraturo.

 
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