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Il commento sui mercati di Angelo Meda: GLI SCARAFAGGI

I blattoidei (detti comunemente blatte o scarafaggi) sono un ordine di insetti che comprende oltre 4.000 specie, divise in sei famiglie. Nell’immaginario collettivo sono percepiti come insetti immondi che incutono ribrezzo e disagio. Gli stessi media enfatizzano questa percezione associando la loro figura alla sporcizia e agli ambienti malsani. In realtà, in generale, i blattoidei sono insetti poco dannosi: delle specie conosciute, quasi tutte hanno abitudini che interferiscono con le attività dell’uomo in modo marginale. Sono più rilevanti i danni economici indiretti: questi insetti, infatti, possono visitare ambienti malsani prima di spostarsi in quelli domestici, rendendo inservibile una partita alimentare a causa dei cattivi odori trasmessi e soprattutto dei rischi igienici derivanti dall’infestazione.
Nel mondo della finanza gli scarafaggi sono entrati nel lessico comune quando Jamie Dimon, Amministratore Delegato di JPMorgan e figura molto influente del mercato finanziario, poche settimane fa ha usato questi insetti (in inglese cockroaches) come metafora per descrivere i potenziali problemi nascosti nel mercato del credito, in particolare nel settore dei prestiti per auto. Ha spiegato che il fallimento di società come First Brands e Tricolor è un segnale che altre criticità simili potrebbero emergere, anche se non si tratta di un rischio sistemico. L’espressione sottintende che, vedendone uno, probabilmente ce ne sono altri nascosti: un singolo problema (uno “scarafaggio”) è spesso il segno di complicazioni più diffuse che non sono immediatamente visibili. La sua preoccupazione è che questi fallimenti possano essere sintomo di un più ampio stress nel mercato del credito privato e nello shadow banking (sostituti delle banche tradizionali).
La metafora ha spaventato la piazza finanziaria a causa della paura di ulteriori problemi nascosti e ha provocato una serie di reazioni. La più significativa è quella del CEO di Carlyle Harvey Schwartz, che ha proposto l’immagine del “canarino nella miniera” per descrivere i segnali premonitori di un rischio in arrivo. Altri commentatori hanno invece preso le dichiarazioni di Dimon come una giustificazione agli accantonamenti di 170mln$ che la sua banca ha dovuto prendere per il fallimento delle due società indicate in precedenza, cercando di scaricare la colpa all’esterno. Sicuramente la situazione è meno rosea di quella che gli indici azionari sembrano segnalare, ma è ancora presto per dire se siamo vicini a un momento di svolta al ribasso dei mercati e dell’economia. Segnaliamo comunque qualche situazione che merita attenzione.
Sul fronte delle banche americane, c’è stato recentemente un incontro tra i principali dirigenti del settore e il presidente della Fed di New York, John Williams, durante il quale quest’ultimo ha espresso il timore che le banche non stiano utilizzando una linea di liquidità di emergenza (ad esempio SRF, Standing Repo Facility) per evitare di apparire in difficoltà, dato che il loro utilizzo è pubblico. Preferirebbero, invece, finanziarsi in modo più anonimo a tassi più alti sul mercato, creando tensione sul mercato interbancario e drenando liquidità.
Questo drenaggio di liquidità, assieme ad altri fattori tecnici, ha portato a un calo importante delle criptovalute (con il Bitcoin sceso sotto i 100.000$ per la prima volta dopo quasi sei mesi) e dei segmenti più speculativi del mercato dove l’utilizzo della leva è elevata (come quantum computing e datacenter).
Anche nel mondo bond si colgono dei segnali di attenzione: ad esempio, il CDS a 5 anni (ovvero il costo di copertura da un evento di default entro 5 anni) di Oracle, un titolo che aveva superato i mille miliardi di capitalizzazione dopo l’annuncio di un accordo con OpenAI, è salito vertiginosamente superando il punto percentuale dopo essere stato per mesi in area 0,4%. È un segnale che anche il mercato sta iniziando a guardare non solo le spese per investimenti da parte dei colossi della tecnologia, ma soprattutto il ritorno su questi investimenti, che al momento sembra incerto sia nell’importo che nei tempi.
Sul mercato azionario si vedono continuamente le difficoltà delle aziende legate ai consumi. Anche in America, dove il consumatore dovrebbe essere più resiliente vista l’esposizione al mercato azionario e la bassa disoccupazione, gli indici dei titoli legati alle vendite al dettaglio, all’abbigliamento e ai ristoranti continuano a scendere, con le società che mostrano una debolezza dei consumi e la necessità di alzare i livelli di sconto per mantenere il traffico nei negozi.
Ci troviamo quindi in una situazione di non facile lettura, con qualche “scarafaggio”, qualche “canarino nella miniera”, ma non ancora con la necessità di posizionarsi in maniera troppo difensiva, specialmente nei settori che stanno già scontando un forte rallentamento dei fatturati.
Sarà un Natale diverso rispetto agli anni scorsi: in passato arrivavamo con una tendenza più definita, sempre con qualche preoccupazione ma che riguardava pochi segmenti dell’economia o l’imprevedibile geopolitica, che ora sembra essere passata in secondo piano anche se le tensioni continuano ad aumentare (come la situazione tra Cina e Giappone).
Questa volta ci sono numerosi fattori di attenzione e sappiamo che una scintilla può far partire un’escalation che saremo in grado di spiegare solo dopo che si saranno innescate le conseguenze, come accade sempre con gli storni violenti di mercato.
Può essere giunto il momento di prepararsi a difendere i recenti guadagni, a proteggere i portafogli e a cercare attività finanziarie poco correlate, in attesa di comprendere se gli “scarafaggi” saranno eliminati dalla crescita economica e dalla tenuta del mercato del lavoro, oppure se ne compariranno altri e sarà necessaria una più aggressiva “disinfestazione”.