Mai come oggi l’informazione è stata tanto accessibile e, al tempo stesso, tanto fragile. È ciò che emerge dal focus “Giovani e informazione” dell’Osservatorio GenerationShip 2025 di Changes Unipol, curato da Kkienn Connecting People and Companies. Un’indagine che svela la doppia faccia dell’era digitale, un flusso continuo di notizie e contenuti manipolati da un lato, e una generazione che reagisce scegliendo di verificare, approfondire e distinguere il vero dal falso.
Il 49% dei giovani tra i 16 e i 35 anni si dichiara sfinito dal sovraccarico informativo, ma non rinuncia alla ricerca di fonti affidabili. Pur immersi nei social, il 69% dichiara di controllare le notizie prima di condividerle e il 61% confronta più testate per confermare la veridicità di un’informazione. Instagram, YouTube e TikTok sono i principali canali d’accesso alle news, ma l’approccio prevalente è ibrido, si parte dal digitale e si torna alle fonti giornalistiche tradizionali per validare.
L’informazione per la Gen Z non è solo consumo, ma costruzione identitaria, il 60% la cerca per divertirsi, il 59% per gestire la vita quotidiana e il 55% per coltivare passioni e curiosità personali. Attualità, cronaca e politica interessano solo se incidono sulla propria esperienza diretta, segno di un pragmatismo che riflette un nuovo modo di intendere la partecipazione civica.
Nonostante una buona consapevolezza delle fake news (81%), meno della metà dei giovani conosce davvero il significato di deepfake, e il 42% ritiene di non esserne mai stato esposto, a dimostrazione di una fiducia eccessiva nelle proprie competenze digitali. Ancora limitata è anche la conoscenza dei servizi di fact-checking (36%), ma la preoccupazione resta alta, il 66% considera il fenomeno dei deepfake una minaccia concreta.
Sul fronte della fiducia, il giudizio complessivo è severo: voto medio 5,6 alla qualità dell’informazione in Italia, con il 44% dei giovani che parla apertamente di “crisi dell’informazione”. Tra le cause principali, le pressioni politiche ed economiche e il sensazionalismo. Nonostante ciò, i criteri di valutazione restano saldi: affidabilità, accuratezza e indipendenza vengono prima della popolarità o della viralità.
L’intelligenza artificiale, per ora, è un territorio in esplorazione, solo l’11% dei giovani la utilizza per informarsi, ma quasi la metà di loro lo fa regolarmente. Per il 70% rappresenta un aiuto per semplificare la complessità, e per il 38% può persino ridurre il rischio di disinformazione.
Secondo Fernando Vacarini, Responsabile Media Relations del Gruppo Unipol, la sfida oggi “non è accedere alle notizie, ma capire di chi fidarsi”. Le imprese, aggiunge, devono contribuire a costruire fiducia “promuovendo contenuti di qualità, capaci di generare consapevolezza e non solo visibilità”.
Secondo l’Osservatorio GenerationShip, dunque, le nuove generazioni, pur sopraffatte dall’eccesso informativo, si stanno trasformando nella generazione fact-checker. Non si limitano a navigare nel caos digitale, ma cercano una bussola etica e cognitiva per orientarsi, perché, come dimostra questa ricerca, la verità è ancora un valore da difendere.