Attualità
Firmato il nuovo contratto Sanità, aumenti medi di 170 euro per 581mila operatori
di Redazione

Arriva il via libera definitivo al nuovo contratto collettivo nazionale 2022-2024 per oltre 581mila lavoratori del Servizio sanitario nazionale non medici, tra infermieri, ostetriche, operatori sociosanitari, tecnici e personale amministrativo, che vedranno un incremento medio lordo di circa 170 euro mensili, a partire dalle buste paga di novembre. L’intesa è stata formalizzata nella sede dell’Aran, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, e rappresenta la conclusione di un percorso iniziato mesi fa, dopo il via libera della Corte dei conti.
A sottoscrivere l’accordo sono stati i sindacati Nursind e Nursing Up, mentre Cgil e Uil hanno deciso di non firmare, contestando la portata economica e normativa del rinnovo. Per i lavoratori che rientrano nel contratto sono previsti arretrati tra 900 e 1.270 euro, variabili a seconda del profilo professionale e dell’anzianità.
Oltre agli incrementi stipendiali, il nuovo Ccnl introduce miglioramenti nelle indennità e nuove tutele sul piano normativo. Gli stipendi tabellari aumenteranno mediamente di 145 euro lordi al mese, ai quali si aggiungono: 16,91 euro per il personale dei pronto soccorso, 3,38 euro per la specificità infermieristica, 5,52 euro per il superamento del tetto dei trattamenti accessori e 1,45 euro per l’indennità di tutela del paziente.
Tra le novità più significative figurano le misure per la sicurezza del personale, con l’obbligo per le aziende sanitarie di sostenere le spese legali in caso di aggressioni, e la riduzione dei turni notturni per il personale sanitario over 60, volta ad alleggerire il carico di lavoro nelle fasce orarie più gravose. Il contratto introduce anche regole più stringenti sulla pronta disponibilità, per evitare abusi legati alla carenza di organico, e maggiore flessibilità nella gestione delle ferie, che potranno essere cedute o scambiate tra colleghi.
Le organizzazioni sindacali firmatarie hanno definito l’accordo “un passo avanti per il riconoscimento del valore professionale e umano di chi lavora nella sanità pubblica”, mentre la Funzione Pubblica Cgil ha parlato di un “contratto al ribasso che non tutela il potere d’acquisto dei lavoratori”. Secondo la Cgil, infatti, “l’aumento del 5,7% non compensa il +16% del costo della vita, portando di fatto a una perdita media di 172 euro mensili in termini reali”. La sigla ha inoltre denunciato “un peggioramento delle condizioni di lavoro” e una “limitazione della contrattazione sugli incarichi e sui differenziali economici”.
Di segno opposto la valutazione del ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, che ha definito la firma “un risultato importante per il settore sanitario dopo una trattativa complessa”. Zangrillo ha ricordato che “gli aumenti medi raggiungono i 170 euro al mese, con indennità specifiche, come quella del pronto soccorso, che può arrivare fino a 500 euro, e con arretrati significativi”. Il ministro ha inoltre sottolineato la necessità di “guardare subito al rinnovo 2025-2027 per dare continuità alla contrattazione e rendere effettivi gli stanziamenti previsti dalla legge di Bilancio”.
Il nuovo triennio contrattuale partirà infatti con l’imminente sottoscrizione dell’Accordo quadro 2025-2027, che prevede un ulteriore incremento retributivo medio del 6,9%. La legge di Bilancio ha già destinato 2,4 miliardi di euro per il 2026 e 2,65 miliardi per il 2027 e 2028, risorse che serviranno a rafforzare le indennità di specificità di medici e infermieri e a sostenere nuove assunzioni, nell’ottica di un rafforzamento strutturale del Servizio sanitario nazionale.