L'Italia si trova di fronte a un paradosso economico. Mentre i dati macroeconomici disegnano un quadro di sostanziale solidità, con occupazione ai massimi storici, redditi in crescita e inflazione sotto controllo, la fiducia delle famiglie italiane resta debole, frenando i consumi e, di conseguenza, la crescita del PIL.
Secondo l'Indicatore dei Consumi di Confcommercio, nel secondo trimestre del 2025 il PIL ha segnato un arretramento dello 0,1%, riducendo le aspettative di un andamento brillante per l'intero anno. A pesare, una domanda interna debole, con i consumi che non riescono a decollare. Il calo ad agosto dello 0,2% su base annua ne è la prova lampante, nonostante una timida crescita nel settore dei servizi (+0,2%), mentre i beni di consumo segnano un calo più deciso (-0,8%). A soffrire in particolare sono acquisti di auto, beni durevoli e abbigliamento, con il recupero di settori come il turismo e la tecnologia che non basta a compensare il deficit.
Eppure, a uno sguardo più attento, l'economia italiana mostra fondamenta sorprendentemente robuste. Il mercato del lavoro si è rafforzato in modo notevole, con oltre 2,1 milioni di posti creati in poco più di quattro anni, il 93% dei quali a tempo indeterminato, segno di una stabilizzazione duratura. Parallelamente, il reddito disponibile delle famiglie ha raggiunto il suo livello più alto dal 2011 (e dal 2009 pro capite), con il reddito da lavoro che, pur non avendo ancora recuperato del tutto le perdite dal 2019, è sulla buona strada per colmare il divario entro metà 2026.
Anche sul fronte dei prezzi, il quadro è rassicurante: l'inflazione si mantiene saldamente sotto la soglia del 2% (a settembre la variazione è nulla su agosto e +1,7% su base annua), grazie in parte alla discesa dei costi energetici che ha compensato le tensioni sui prezzi alimentari. E non è tutto: segnali di recupero arrivano anche dall'industria, con la produzione che a luglio è tornata a crescere. Si stima che nei mesi estivi il PIL abbia già ripreso vigore, con una crescita congiunturale dello 0,4% e tendenziale dello 0,9%.
Perché, allora, nonostante tutti questi elementi favorevoli, le famiglie restano con il freno a mano tirato? La risposta sta nella scarsa fiducia. Questo atteggiamento cauto affonda le radici nel ricordo della forte ondata inflazionistica del biennio 2022-2023, ma è anche il risultato di decenni di crescita debole e bassa dinamica di produttività e redditi. Una ricerca della BCE evidenzia inoltre che in Italia la percezione del reddito disponibile è spesso distorta, alimentando un senso di incertezza che si riflette sui consumi.
Secondo il direttore dell'Ufficio Studi di Confcommercio, Mariano Bella, questo paradosso non potrà durare a lungo: "Non troppo paradossalmente, l’aspetto positivo di questa condizione è che, almeno a nostro avviso, in assenza di nuovi shock negativi, non può durare. Quindi, la progressiva rimozione dei vincoli alla fiducia potrebbe produrre nei prossimi mesi una moderata accelerazione dei consumi che avvicinerebbe l’economia italiana a una crescita attorno allo 0,7-0,8% già quest’anno e che, cosa ancora più importante, consentirebbe di costruire una buona eredità per il 2026".
L'obiettivo ora è quindi trasformare i fondamentali economici positivi in fiducia concreta, liberando finalmente il potenziale inespresso della ripresa.