Economia
Fed, taglio tassi 25pb e fine del QT. Powell sotto pressione tra shutdown e Trump
di Redazione

La Federal Reserve si appresta a vivere uno degli appuntamenti più cruciali e complessi del suo recente ciclo di politica monetaria. Nella riunione di due giorni che si concluderà mercoledì, il Comitato Federale per il Mercato Aperto (FOMC) dovrebbe formalizzare un atteso taglio dei tassi di interesse di 25 punti base, portando il target range dei Fed Funds tra il 3,75% e il 4%.
Ma il vero nodo della settimana non risiede solo nell'entità della sforbiciata, largamente scontata dopo l'analogo intervento di settembre. L'attenzione dei mercati è polarizzata su due fattori dirompenti: l'imminente fine del Quantitative Tightening (QT) e il drammatico contesto di "cecità da shutdown" che sta paralizzando la diffusione dei dati macroeconomici statunitensi.
Mercoledì, in parallelo alla decisione sui tassi, è atteso l'annuncio della conclusione del Quantitative Tightening, il processo di riduzione del bilancio da 7.000 miliardi di dollari avviato nel 2022. Il QT è stato un meccanismo silenzioso ma potente di drenaggio di liquidità.
Il suo imminente arresto, segnalato dal presidente Jerome Powell nelle scorse settimane, rappresenta un punto di svolta per i mercati obbligazionari. L'interruzione del ritiro di liquidità, combinata con il taglio dei tassi, agisce come un doppio catalizzatore che rafforza in modo significativo la tesi di un recupero dei titoli a lunga scadenza (Treasury).
Mentre il mercato sconta almeno due ulteriori tagli di 25 punti base entro la fine dell'anno, i bond con duration elevata tornano a essere l'asset più chiacchierato tra gli asset manager. Il potenziale di capital gain è notevole: in un contesto di inversione della politica monetaria, un bond a 30 anni, che ha sofferto duramente durante il ciclo restrittivo, potrebbe offrire un rialzo percentuale a doppia cifra in caso di ulteriore discesa dei rendimenti.
Il taglio dei tassi di ottobre si svolge in un contesto operativo senza precedenti per la Fed, a causa dello shutdown del governo statunitense. I dati macroeconomici, pilastri dell'approccio data-dependent promosso da Powell, sono bloccati.
La scorsa settimana ha visto la pubblicazione, seppur ritardata, dell'inflazione di settembre, risultata leggermente più morbida del previsto (inflazione core a +3,0% annuo). Tuttavia, il presidente Powell dovrà tenere il discorso post-riunione sapendo che il quadro è destinato a peggiorare: la Casa Bianca ha già avvertito che i dati sull'inflazione di ottobre potrebbero non essere affatto pubblicati, lasciando il FOMC a operare con una "nebbia" informativa senza precedenti.
Questo scenario alimenta l'incertezza e rende il messaggio di Powell particolarmente delicato. Come può la banca centrale giustificare i successivi tagli se non dispone dei dati aggiornati su occupazione e prezzi?
Le decisioni del FOMC restano inoltre profondamente condizionate dalle forti divisioni interne e dalle pressioni politiche. L'ala più aggressiva, rappresentata dai governatori vicini a Donald Trump come Miran e Warren, spinge per tagli più profondi e veloci, citando l'impatto distorsivo dei dazi sull'inflazione e sull'economia.
La maggioranza, pur non escludendo ulteriori sforbiciate, rimane ancorata a un approccio di cautela. Tuttavia, con l'elezione presidenziale che si avvicina, l'intervento di Powell sarà analizzato al microscopio per ogni possibile hint sulla politica monetaria del 2026. Qualsiasi indicazione forward-looking sarà inevitabilmente filtrata dal rischio politico legato alla possibile nomina, da parte di Donald Trump, di un successore a Powell alla guida della Fed, un'incognita che mantiene alta la volatilità a lungo termine.
La Fed si prepara a un cambio di regime che inietta nuova liquidità e conferma la direzione di allentamento, ma deve farlo in un momento di "data blackout" e massima tensione politica, rendendo questa riunione di ottobre un punto di non ritorno per la gestione del debito e della liquidità globali.