Economia
Debito pubblico, l’Italia torna "BOT People"
di Redazione

Gli italiani tornano a investire massicciamente nei titoli di Stato. Questo dicono le ultime analisi della Fabi, che raccontano un cambiamento profondo nella geografia dei sottoscrittori del debito pubblico. Una trasformazione che non riguarda solo l’aumento dell’esposizione complessiva, cresciuta di 665 miliardi dal 2019, pari a un balzo del 27,5%, ma soprattutto la redistribuzione del debito tra famiglie, investitori esteri, banche e istituzioni finanziarie.
Il dato più sorprendente riguarda proprio i cittadini. Le famiglie e le imprese italiane detengono oggi 442,4 miliardi di euro di Bot e Btp, pari al 14,4% del totale. È quasi il doppio rispetto al minimo storico del 2021 (7,9%) e rappresenta il ritorno di un fenomeno tipicamente italiano, quello dei “BOT People”. A favorire questa risalita sono i rendimenti elevati, il successo dei Btp destinati al retail e un generale ritorno alla ricerca di strumenti considerati sicuri, soprattutto in un contesto internazionale instabile. Solo il Btp Valore ha raccolto 93 miliardi dal 2023.
Accanto alle famiglie cresce con forza anche il ruolo degli investitori esteri, che raggiungono quota 1.039,9 miliardi, pari al 33,8% del debito, il livello più alto degli ultimi sei anni. Una presenza in rialzo di oltre sette punti percentuali rispetto al 2022, che conferma come i mercati internazionali abbiano ritrovato fiducia nella solidità italiana, anche in confronto a grandi economie europee oggi attraversate da tensioni politiche e istituzionali.
A diminuire, invece, è il peso relativo della Banca d’Italia, che riduce la propria esposizione da 721 miliardi a 592,1 miliardi, scendendo dal 26,1% al 19,2%. Una dinamica pienamente coerente con la fine degli acquisti netti dell’Eurosistema. Stabili, ma in lieve calo, fondi e assicurazioni, oggi intorno al 12,5%.
La vera novità riguarda però le banche italiane. Nonostante abbiano ancora in portafoglio oltre 620 miliardi di titoli di Stato, il loro peso percentuale si riduce, dal 26% del periodo pre-pandemico al 20% attuale. Il calo non è dovuto a un disimpegno, sottolinea la Fabi, ma all’aumento del debito complessivo e al ritorno con forza di investitori esteri e famiglie. Una scelta di portafoglio più prudente che, paradossalmente, rende oggi il settore creditizio meno vulnerabile alle oscillazioni dello spread.
Nei sei anni dal 2019 a oggi la struttura del mercato dei Btp è cambiata con rapidità. Nel 2020, durante la pandemia, le banche erano state il principale argine alla volatilità, superando in primavera il 27% del totale con una esposizione vicina ai 690 miliardi. Nel 2022, complice l’ultima ondata di acquisti della BCE, avevano toccato la soglia record dei 710 miliardi. Da allora è iniziata una fase di riassestamento, con una riduzione graduale del peso percentuale, pur mantenendo valori assoluti elevati e strutturali.
A sintetizzare il quadro è il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, che legge i dati come un segnale politico oltre che finanziario. Le famiglie, afferma, tornano sui titoli di Stato perché percepiscono stabilità e continuità, le banche restano un pilastro della tenuta finanziaria del Paese, gli investitori esteri confermano l’Italia come porto sicuro in un’Europa attraversata da crisi e incertezze. Una convergenza che ridisegna l’intero ecosistema del debito pubblico italiano.