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Champagne amaro per Lacerenza e Nobile

di Redazione
 
Champagne amaro per Lacerenza e Nobile
Non saranno più brindisi di lusso, ma tappi che saltano per ripagare i debiti. Le bollicine della Gintoneria di Milano, simbolo di notti sfrenate e di un certo glamour tossico, finiranno presto all’asta. È il prezzo della giustizia per Davide Lacerenza e Stefania Nobile, la coppia travolta dall’inchiesta su droga e prostituzione che ruotava attorno ai locali di via Napo Torriani e del privé La Malmaison.

Il giudice per le indagini preliminari Marta Pollicino ha accolto i patteggiamenti: 4 anni e 8 mesi per Lacerenza, 3 anni per Nobile, figlia di Wanna Marchi. Un sì che chiude il capitolo giudiziario ma apre quello, amaro, dei conti da saldare. La confisca da 900mila euro imposta dal tribunale sarà coperta in gran parte dalla vendita delle pregiate bottiglie di champagne, degli arredi e dei beni sequestrati durante le indagini. Le aste giudiziarie, insomma, avranno il sapore del lusso perduto.

Difesi dall’avvocato Liborio Cataliotti, i due dovranno ora reinventarsi lontano dai riflettori. Lacerenza, arrestato lo scorso marzo, potrà chiedere l’affidamento ai servizi sociali e intraprendere un percorso di disintossicazione presso una comunità. “Riparte da zero”, ha dichiarato il suo legale, ricordando come tutto il patrimonio del suo assistito sia stato azzerato: “Il provento, lecito o illecito, quantificato in 900mila euro, lo Stato se lo tiene. Ma se il valore delle bottiglie dovesse superare quella cifra, la differenza potrà essere restituita a Lacerenza per ricostruirsi una vita dignitosa”.

Per Stefania Nobile, che non era accusata di spaccio ma di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, la condanna si tradurrà in lavori di pubblica utilità. Presto sarà operativa presso la Protezione civile di Bresso, nel Milanese. “Non ci sono vinti né vincitori”, ha aggiunto l’avvocato Cataliotti, “ma un punto di equilibrio tra punizione e rieducazione”.

Le indagini avevano svelato un mondo in cui “l’offerta di prostitute e droga” era parte integrante dei “pacchetti” di intrattenimento riservati ai clienti più facoltosi. Champagne, escort e cocaina, scrivevano i giudici, erano il carburante di un divertimento senza limiti. E ora, proprio quelle bottiglie, simbolo di eccesso e di ostentazione, diventano lo strumento della redenzione giudiziaria.

Il fruscio delle bollicine, da promessa di piacere, si trasforma in eco di una caduta.
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