Burning Buzz

Altro che “Cumpleaños Feliz”, un paese per 5 ore e mezza ascolta tanti auguri a te

di Barbara Leone
 
Altro che “Cumpleaños Feliz”, un paese per 5 ore e mezza ascolta tanti auguri a te
Se proprio dovete impazzire, fatelo con stile. Gli abitanti di Javalí Viejo, in Spagna, hanno scelto la via maestra: cinque ore e mezza di “Cumpleaños Feliz” in loop notturno, cortesia di un impianto audio scolastico posseduto da demoni particolarmente sadici e con pessimi gusti musicali. 

Gli abitanti di questo ridente sobborgo alle porte di Murcia, hanno scoperto sulla loro pellaccia cosa significhi vivere un incubo degno di Kubrick: il sistema audio della scuola Ceip Hellín Lasheras ha deciso, l'8 ottobre scorso, di trasformarsi in un DJ impazzito con un repertorio musicale d'una parsimonia sconcertante. Un solo brano. Una sola, maledetta, inesorabile melodia. 

Il calvario è iniziato alle 23, quando chiunque si accingeva a concedersi il meritato riposo. Invece, sorpresa: gli altoparlanti scolastici hanno cominciato a vomitare ossessivamente la canzoncina augurale più insopportabile del repertorio umano: “happy birthday to youuuuu!”. In spagnolo, ovviamente. Una volta, due, dieci, cento… fino ad arrivare a trecentotrentacinque volte tanti auguri. 

Un loop degno dei peggiori incubi kafkiani, ma con accompagnamento da festa per bambini di tre anni. Ora, bisogna riconoscere una certa simmetria nell'orrore: se proprio devi essere sottoposto a tortura acustica, almeno che sia con una melodia il cui testo puoi padroneggiare anche in stato confusionale avanzato. Una democratizzazione del supplizio, insomma. I malcapitati vicini hanno tentato la via stoica della sopportazione. Forse speravano in un miracolo, in un'improvvisa epifania tecnologica che spegnesse quella dannata filastrocca. Macché. 

La macchina infernale non conosceva pietà né stanchezza
. Alle quattro e mezza del mattino, allo stremo delle forze nervose e con i timpani ormai irrimediabilmente compromessi, qualcuno ha avuto la folgorazione: chiamare i pompieri. Già, perché quando un impianto audio decide di trasformare la tua notte in una seduta di deprivazione sensoriale stile Guantanamo, chi chiami? Gli esorcisti erano evidentemente impegnati altrove. I vigili del fuoco si sono presentati con torce e determinazione, addentrandosi nel buio cortile della scuola mentre quel motivetto demoniaco continuava imperterrito la sua sinfonia dell'orrore. La loro incursione notturna ha qualcosa di epico: in un video diffuso sui social, si vedono questi eroi moderni aggirarsi nelle tenebre, armati di fari e buone intenzioni, inseguiti da quella nenia ossessiva. “Non volevamo rovinare il compleanno a nessuno - hanno scritto con lodevole sense of humour -, ma... non era proprio il momento. 

I vicini non ce la facevano più”. Understatement britannico, direbbero Oltremanica. Perché definire "non ce la facevano più" lo stato d'animo di chi ha sopportato cinque ore e mezza di “buon compleanno” in loop notturno equivale a dire che il Titanic ha avuto qualche problemuccio con un iceberg. La vicenda si presta a riflessioni di varia natura. Intanto, sul concetto stesso di celebrazione: esiste forse augurio più devastante di quello reiterato fino allo sfinimento psicofisico altrui? E poi, sulla modernità tecnologica: inventiamo intelligenze artificiali che scrivono poesie mediocri e auto che si parcheggiano da sole, ma non riusciamo a dotare un impianto scolastico di un semplice timer di sicurezza. 

Soprattutto, però, questa débâcle acustica ci ricorda che la differenza tra festa e tortura è questione di dosaggio. Un "tanti auguri" può riempire di gioia. Trecentotrentacinque "tanti auguri" consecutivi creano mostri. O quantomeno, vicini nevrastenici con manie omicide. Di sicuro, i residenti di Javalí Viejo hanno vissuto un'esperienza che li unirà per sempre: un trauma condiviso, un PTSD collettivo. Col risultato che, quasi sicuramente,  per i prossimi anni, nessuno di loro festeggerà più un “Cumpleaños Feliz”.
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