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Australia, stretta sui social per i minori, in arrivo la verifica obbligatoria dell’età
di Redazione

Il governo australiano si prepara a introdurre una misura senza precedenti per limitare l’accesso ai social network ai minori di 16 anni. La proposta, avanzata dalla Commissaria eSafety Julie Inman Grant, prevede l’adozione di sistemi di verifica dell’età obbligatori per sei delle piattaforme più diffuse al mondo: YouTube, Facebook, Instagram, TikTok e Snapchat. L’obiettivo è quello di proteggere i più giovani da contenuti nocivi e fenomeni come il cyberbullismo, la misoginia online e le distorsioni legate all’immagine corporea, ma le critiche non mancano, soprattutto sul fronte della privacy e dei rischi di sorveglianza.
Secondo la Grant, oggi esistono tecnologie abbastanza mature da permettere un controllo efficace dell’età senza dover ricorrere a documenti d’identità ufficiali. Il governo, che ha già espresso il proprio sostegno alla proposta, ritiene la misura “necessaria per salvaguardare la salute mentale dei minori”, in un contesto digitale sempre più aggressivo e polarizzante.
Alla base del piano vi è una sperimentazione condotta per conto dell’esecutivo, che ha testato oltre 50 tecnologie di verifica dell’età. I risultati sono giudicati incoraggianti: nessun ostacolo tecnico impedirebbe di rendere operativo il divieto. Tuttavia, restano margini di errore significativi, soprattutto per i sedicenni, con un tasso di falsi positivi stimato all’8,5%. Tra le soluzioni testate figura anche la scansione facciale, utilizzata su campioni di studenti. Secondo i dati diffusi, questa tecnologia riesce a stimare l’età entro una precisione di 18 mesi nell’85% dei casi. Un risultato interessante, ma che non elimina i dubbi su un’applicazione così rigida e potenzialmente discriminatoria.
Il punto più delicato resta la tutela della privacy. Esperti e accademici hanno avvertito che simili sistemi, se mal gestiti, potrebbero trasformarsi in strumenti di sorveglianza di massa. Il rischio è quello di imporre un controllo capillare della rete sotto il pretesto della protezione dei minori. Le piattaforme, dal canto loro, dovranno individuare metodi “alternativi e proporzionati” per stimare l’età degli utenti, ma senza violare le normative sulla protezione dei dati personali.
La tensione con i colossi del web è già palpabile. Google e YouTube, secondo quanto riferito dalla stessa Commissaria Grant, avrebbero fatto sapere di non ritenersi vincolati alla futura normativa, prefigurando un possibile scontro con le autorità australiane. Se approvata e attuata, la legge di Canberra potrebbe tuttavia diventare un precedente globale, un modello regolatorio per quei Paesi che, sotto la spinta dell’opinione pubblica, chiedono maggiori tutele per i minori nell’universo digitale. L’Australia, ancora una volta, si candida così a laboratorio normativo di un equilibrio difficile, quello tra libertà in rete e protezione dei più giovani.