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Italia sommersa da 35mila pagine di norme l’anno. La burocrazia costa 57 miliardi alle imprese
di Redazione

Una montagna di carte che pesa quanto un uomo e costa al sistema economico 57,2 miliardi di euro ogni anno. È la fotografia scattata dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre, che nel suo ultimo report denuncia una “burocrazia choc”. Nel solo 2024 sono state pubblicate 305 Gazzette Ufficiali e 45 Supplementi, per un totale di 35.140 pagine. Tradotto in carta, significherebbe 84 chilogrammi di fogli e una pila alta quasi due metri. Leggerle tutte richiederebbe 366 giorni, compresi sabati e domeniche.
Nei primi nove mesi del 2025, la situazione non mostra miglioramenti, 227 Gazzette e 31 Supplementi hanno già raggiunto quota 25.888 pagine, solo 189 in più rispetto all’anno precedente. Il record si è toccato il 18 aprile, con il Supplemento ordinario n.13 dedicato agli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA), un tomo di 5.157 pagine che ha paralizzato commercialisti e imprese.
Non mancano tuttavia segnali positivi. Il 24 aprile, con il Supplemento ordinario n.14, sono stati finalmente abrogati 30.700 atti prerepubblicani risalenti al periodo 1861–1946, tra regi decreti, leggi e provvedimenti luogotenenziali. Un passo storico che riduce del 28% lo stock normativo statale vigente, in linea con gli obiettivi di semplificazione previsti dal PNRR.
Ma la mole normativa resta ingestibile. Due le cause principali, spiega la CGIA: la mancata abrogazione di norme obsolete e il continuo ricorso ai decreti legge, che generano un effetto domino di decreti attuativi. Il risultato è una Pubblica amministrazione ingessata, tra ritardi decisionali e incertezze interpretative. Le norme, spesso scritte in modo oscuro, alimentano discrezionalità, rallentamenti e persino fenomeni corruttivi.
Per invertire la rotta, la CGIA propone un piano concreto: migliorare la qualità e ridurre la quantità delle leggi, analizzarne l’impatto sulle micro e piccole imprese, monitorare gli effetti delle nuove misure, digitalizzare completamente i processi e far dialogare le banche dati pubbliche grazie all’intelligenza artificiale. Standardizzazione della modulistica e formazione continua dei dipendenti pubblici sono altri punti chiave.
L’inefficienza burocratica grava soprattutto sui territori più produttivi. Milano guida la classifica dei costi con 6,1 miliardi l’anno, seguita da Roma (5,4 miliardi), Torino (2,2), Napoli (1,9) e Brescia (1,4). In coda, le province di Enna, Vibo Valentia e Isernia, dove il peso economico resta comunque significativo.
Un’Italia, dunque, dove l’eccesso normativo frena la crescita e ostacola la competitività, trasformando la semplificazione in una promessa ancora lontana.