Burning Buzz

Cronache di ordinaria ingerenza materna (edizione TikTok)

Barbara Leone
 
Cronache di ordinaria ingerenza materna (edizione TikTok)

Ci sono madri che danno la vita, e madri che, non paghe, pretendono pure di dirigere il sequel. È il caso, esilarante e un po' inquietante, di Gianna Wulf, modella e content creator della Florida, che ha scoperto sulla propria pelle, o meglio sul proprio pancione, cosa significhi avere una madre invadente con velleità da regista hollywoodiana. Teatro del delitto (mediatico, Ça va sans dire), l’ormai consueto, ahinoi, gender reveal party. Quell’orripilante bizzarria contemporanea che prevede lo scoppio di ordigni colorati per annunciare al mondo intero se il nascituro possiede cromosomi XX o XY.

Cronache di ordinaria ingerenza materna (edizione TikTok)

Perché, si sa, l’umanità dopo millenni di procreazione silenziosa, pudica e dignitosa, ha improvvisamente deciso che ogni minimo passaggio della riproduzione debba trasformarsi in un evento da stadio, con coreografia, effetti speciali e regia di Spielberg.

L’apoteosi della vanità travestita da tenerezza: un rito in salsa like, in cui il culto della condivisione in cui si celebra più il post perfetto che il bambino stesso. È la maternità in versione reality show, baby, con tanto di cliffhanger finale. Perché ormai, si sa, anche la biologia ha bisogno di suspense. Un tripudio di coriandoli e superficialità in cui la domanda non è più “come stai?”, ma “quante visualizzazioni ha fatto il video?”.

Ma tant’è… La scena è la seguente: mammina e papino che impugnano i loro cannoni di coriandoli, strumenti il cui utilizzo dovrebbe essere limitato per legge a Capodanno e matrimoni di dubbio gusto. Ma qualcosa va storto. Perchè sul più bello si verifica l'apocalisse cromatica: esplodono sia coriandoli rosa che blu. Una sorta di delirio gender fluid che getta nel panico gli astanti, abituati alla rassicurante banalità del rosa-è-femmina-blu-è-maschio. Ed è qui che la madre della festeggiata compie il suo golpe.

Appostata su un muretto come un cecchino in agguato, brandisce un palloncino nero, scelta scenografica che denota un certo gusto per il drammatico, e lo scoppia con la disinvoltura di chi ha appena compiuto il crimine perfetto. Rosa. È femmina. La folla applaude. La figlia ammutolisce. Ventisei milioni di visualizzazioni su TikTok testimoniano l'accaduto. Ventisei milioni di voyeur digitali che hanno assistito a quello che gli psicoterapeuti chiamerebbero "violazione dei confini generazionali" e che il resto di noi, più terra terra, definiremmo la classica madre invadente che non sa stare al posto suo.

La didascalia del video recita: “Pov: tua madre doveva rendere la tua festa di rivelazione una cosa sua”. Quel doveva racchiude l'ineluttabilità del fato, la consapevolezza che certe progenitrici semplicemente non possono esimersi dall'essere protagoniste. È nel loro dna, probabilmente proprio accanto al gene che le spinge a commentare l'abbigliamento delle nuore ai pranzi di Natale. Dopo la valanga di critiche - perché si sa: TikTok è un tribunale dove tutti sono pm e nessuno è innocente - la Wulf ha dovuto pubblicare una rettifica: lei non sapeva nulla, è stata colta alla sprovvista quanto gli invitati. Una dichiarazione che stride con il ruolo stesso di content creator, mestiere che presuppone il controllo totale del proprio contenuto. Ovvero, la regia della propria narrazione digitale. Evidentemente quando c'è di mezzo una madre con ambizioni sceniche, anche il concetto di controllo diventa relativo.

I commenti social hanno raggiunto vette di saggezza popolare notevoli. Una utente ha profetizzato: “Questo è il tipo di nonna che darà il primo taglio di capelli a tua figlia senza chiederti il permesso”. Previsione che racchiude l'esperienza accumulata da generazioni di nuore martirizzate, un monito travestito da osservazione casuale. Altri hanno invocato i sacrosanti confini di cui sopra, concetto che nelle dinamiche familiari ha quasi sempre la stessa probabilità di attecchire di un cactus in Alaska. Prova ne sia che il successo virale ha generato un'epidemia di testimonianze di future madri espropriate delle proprie feste da suocere e progenitrici invasive.

Una sorta di convention globale delle gravidanze sequestrate, un movimento #MeToo delle gestanti usurpate. Perché se una cosa funziona su TikTok, va replicata all'infinito fino allo sfinimento collettivo. Addirittura una tiktoker di nome Madison Humphrey ha confezionato una parodia che ha sbancato con 31 milioni di visualizzazioni, superando l'originale in quella che è pura quintessenza postmoderna. Quando si dice che l’allievo supera il maestro. O meglio, la copia che eclissa l'autentico: il simulacro più reale del reale. Intanto il web ringrazia, perché il gender reveal fail di Gianna Wulf ci ricorda che, in fondo, la famiglia è il primo social network tossico che frequentiamo. E che, come insegnano i grandi drammaturghi, ogni storia ha bisogno di un antagonista. E quale antagonista migliore di colei che ti ha dato la vita?

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