La sbandierata compattezza dell'Iran davanti agli attacchi di Israele potrebbe avere le ore contate. Almeno secondo quanto riferisce il Wall Street Journal, secondo il quale i proclami del regime teocratico di Teheran e, soprattutto, dei Guardiani della Rivoluzione, di fatto i padroni del Paese, militarmente ed economicamente parlando, sono ormai di facciata, davanti alla consapevolezza che la situazione sul terreno è gravemente compromessa.
Medio Oriente - Attacchi israeliani stanno fiaccando la difesa iraniana
Le fonti citate dal WSJ (mediorientali ed europee) avrebbero riferito che l'Iran è ormai nella condizione di dovere finire le ostilità e, quindi, nella consapevolezza di dovere tornare a sedersi al tavolo della trattativa per accettare le imposizioni sul suo programma nucleare, andato molto oltre quelli che erano gli accordi.
Ma questa situazione, sempre che le anticipazioni del quotidiano siano totalmente fondate, hanno due variabili che forse Teheran sottovaluta. La prima riguarda la richiesta di Teheran che gli Stati Uniti non entrino ufficialmente nel conflitto (dopo avere aiutato Israele, pur non partecipando direttamente agli attacchi, ma probabilmente agevolandoli dal punto di vista logistico e della copertura aerea).
Semmai Washington accettasse di defilarsi, con la promessa che Teheran accetti tutte le condizioni, la richiesta a Israele di riporre le armi andrebbe probabilmente incontro ad un ''no'' secco, anche perché l'ago della bilancia dell'esito del conflitto sembra spostarsi decisamente verso Gerusalemme.
Appena pochi minuti fa, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha detto che ormai Israele controlla i cieli iraniani. E quando si prende il controllo aereo, il più, militarmente parlando, è fatto.
Israele, in questo momento, dopo avere neutralizzato un terzo della capacità iraniana di lanciare missili, ora è nella condizione di concentrare gli attacchi verso quelle aree da dove partono le minacce verso il suo territorio.
Non considerando che, avendo ora concentrata la sua attenzione sulla capitale iraniana, Israele ha nelle mani una potentissima arma psicologica, perché sino ad oggi i suoi attacchi non avevano mai interessato, in modo massivo, Teheran e la sua sterminata periferia.
Perché quindi Israele dovrebbe accettare di fermarsi ora, che ha gran parte della vittoria in mano?
E' quel ''gran parte'', che non significa ''tutta'', l'elemento che potrebbe indurre Netanyahu a non tirare troppo la corda, a meno di ottenere, oltre a quella sul campo, anche una vittoria politica, a cominciare dall'addio di Ali Khamenei, ormai troppo ingombrante anche per i suoi stessi sostenitori, che potrebbero convincersi a barattare la sua uscita di scena con qualcosa che se non è proprio una sconfitta dignitosa, potrebbe avvicinarvisi.