Esteri

Harvey Weinstein di nuovo a processo

Redazione
 
Harvey Weinstein di nuovo a processo

Una nuova pagina giudiziaria si è aperta sul caso Harvey Weinstein, il produttore cinematografico un tempo venerato come l'uomo che poteva trasformare sconosciuti in stelle, oggi nuovamente sotto processo per gravi reati sessuali.

Harvey Weinstein di nuovo a processo

Di fronte alla giuria della Corte Suprema dello Stato di New York, i pubblici ministeri hanno ricostruito un quadro inquietante del sistema di potere che per decenni avrebbe permesso a Weinstein di abusare della sua posizione, mettendo a tacere le voci delle donne che cercavano solo un’opportunità. «Conosceva la forza seduttiva delle promesse di successo», ha affermato Shannon Lucey, procuratrice dell’ufficio del District Attorney di Manhattan, aprendo la propria dichiarazione, e aggiungendo: «Ha scritto, diretto e coreografato il loro silenzio. Per anni».  Weinstein è ora imputato per due capi d’accusa di reati sessuali di primo grado e uno per stupro di terzo grado, relativi a tre donne: Jessica Mann, Mimi Haley e Kaja Sokola.

Quest’ultima, modella originaria della Polonia, ha denunciato pubblicamente per la prima volta un episodio avvenuto nel 2006, quando aveva 19 anni. Ma la sua storia con Weinstein cominciò ancor prima, nel 2002, quando, allora sedicenne lo incontrò in un night club durante un viaggio di lavoro a New York. Secondo quanto riportato in aula dalla procura, Weinstein la invitò a pranzo con la scusa di parlare della sua potenziale carriera da attrice. Invece, la portò nel proprio appartamento e, stando al racconto dell'accusa, abusò di lei nel bagno.

«Nel 2019, Kaja ha intrapreso un’azione legale contro Weinstein in base al Child Victims Act, ricevendo poi un risarcimento», ha spiegato Lucey. Tuttavia, tali fatti non rientrano nel processo attuale, poiché superano i termini legali di prescrizione. La nuova imputazione riguarda un secondo episodio: sempre secondo l’accusa, Weinstein l’avrebbe nuovamente aggredita nel 2006 in un hotel, dopo averla convinta a seguirlo in una stanza con la scusa di discutere alcune sceneggiature. «Piangeva, continuava a ripetere “ti prego, non farlo”», ha raccontato Lucey, ricostruendo in aula l’episodio. «Lei aveva solo 19 anni. Lui, 54».  Fuori dal tribunale, riferisce la CNN,   l’avvocata di Sokola, Lindsay Goldbrum, ha dichiarato: «Questo processo riguarda un uomo che ha abusato del suo potere per violentare delle donne. Kaja non ha più paura. È pronta a raccontare la sua storia».  Sul banco degli imputati, Harvey Weinstein è apparso visibilmente debilitato, spinto in aula su una sedia a rotelle. L’ex magnate di Hollywood soffre infatti di numerose patologie, tra cui diabete, problemi cardiaci e una forma di leucemia tenuta finora riservata. Dopo aver passato un anno nel carcere di Rikers Island, è stato trasferito nell’ala sorvegliata del Bellevue Hospital, dove resterà durante l’intero processo.

La difesa, affidata ad Arthur Aidala, ha proposto un contro-narrativa radicalmente diversa. «Ciò che ascolterete riguarda rapporti consensuali e reciprocamente vantaggiosi. Non crimini», ha dichiarato l’avvocato alla giuria. E ha aggiunto: «Il famoso “divano del casting” non è una scena del crimine», riconoscendo però che il comportamento del suo cliente non fosse irreprensibile: «Sì, è stato amorale. Ma tra immoralità e illegalità c’è una grande differenza». E ancora: «Avrebbe dovuto tradire sua moglie? Assolutamente no. Ma non stiamo parlando di crimini».  Secondo la difesa, le donne «volevano compiacerlo, cercavano di ottenere accesso al suo mondo» e per questo «hanno accettato volontariamente quelle relazioni». Una strategia che l’avvocata di Sokola ha liquidato come «victim blaming». Ma la procura insiste sul ruolo sistemico di Weinstein, dipingendo un uomo che «aveva le chiavi dei cancelli di Hollywood» e che «per oltre trent’anni ha esercitato un dominio incontrastato», come dichiarato dal procuratore distrettuale Alvin Bragg. «L’imputato voleva i loro corpi. E più loro resistevano, più lui si faceva violento».

Il processo attuale nasce dopo l’annullamento della condanna a 23 anni inflitta a Weinstein nel 2020, revocata lo scorso anno per un vizio procedurale. Questo nuovo procedimento, che si preannuncia lungo e teso, vede sul banco dei testimoni anche Jessica Mann e Miriam “Mimi” Haley, già protagoniste nel primo processo. Mann ha accusato Weinstein di averla violentata nel 2013 in una stanza d’albergo, mentre Haley ha raccontato di essere stata costretta a subire sesso orale nell’appartamento newyorkese del produttore nel 2006. Entrambe hanno ricevuto risarcimenti attraverso la procedura fallimentare della Weinstein Company. Secondo Lucey, fu l’ondata del movimento #MeToo a dare a queste donne il coraggio di esporsi. «Ottobre 2017 è stato un punto di svolta. Il momento in cui poter finalmente svelare il segreto più doloroso, sapendo che qualcuno avrebbe ascoltato», ha dichiarato alla giuria.  Il procedimento è entrato nel vivo con la selezione di una giuria composta da sette donne e cinque uomini, un ribaltamento rispetto al primo processo dove le donne erano in minoranza. Tra i giurati figurano una dietista, una fotografa, un ingegnere informatico, un’assistente sociale in pensione e professionisti del mondo immobiliare e televisivo. Un processo destinato a durare almeno sei settimane, coi riflettori dei media di tutto il mondo di nuovo puntati su quello che è il simbolo di un sistema che per troppo tempo ha taciuto.

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