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Il ritorno del ventaglio: da vezzo retrò ad accessorio cult dell’estate 2025

Redazione
 
Il ritorno del ventaglio: da vezzo retrò ad accessorio cult dell’estate 2025

Non è più l’oggetto retrò che richiama alla mente l’immagine delle nostre nonne che si sventolavano in chiesa, o delle signore ingioiellate ai matrimoni di provincia, capaci di trasformare un semplice gesto in un piccolo rito d’eleganza. Pratico, sostenibile e sorprendentemente chic, il ventaglio è tornato in auge diventando l’accessorio cult dell’estate 2025: un vezzo d’altri tempi, che oggi accompagna le nostre giornate torride diventando al contempo gesto di sopravvivenza urbana e raffinata civetteria.

Il ritorno del ventaglio: da vezzo retrò ad accessorio cult dell’estate 2025

Non a caso, già nel 1935 Il Mattino lo definiva “elegante stratagemma muliebre”, sottolineando come dietro quel movimento leggero si celassero sorrisi, sguardi e sottili seduzioni. Perché aprire un ventaglio non è mai solo un atto pratico: è un linguaggio. Antico, chic e perfino un po’ snob.

Basti pensare che Karl Lagerfeld lo usava come barriera estetica tra sé e il mondo, un ghiribizzo che raccontava distacco e superiorità. Del reato basta osservare il gesto: il polso che ruota, l’aria che arriva in un soffio, il volto che si nasconde appena dietro le stecche. È un rito teatrale, che aggiunge mistero, seduzione, leggerezza. Per chi vuole un tocco sensuale in più, basta vaporizzare sopra il proprio profumo preferito: il ventaglio diventa così un alleato discreto, lasciando dietro di sé una scia olfattiva più seducente di qualsiasi tailleur o sandalo gioiello.

Oggi il ventaglio vive una nuova giovinezza, e la scena cambia radicalmente con la Gen Z, che lo porta su TikTok in versione ironica e coloratissima, tra scritte giganti e tonalità fluorescenti. Da accessorio da boudoir a meme vivente, il ventaglio si reinventa in chiave spensierata: mini o maxi, monocolore o tempestato di glitter, con iniziali logate o scritte sfrontate, è tutto tranne che discreto. Sui social lo sfoggiano per ballare, ironizzare e naturalmente per rinfrescarsi in maniera teatrale.

Ma non si tratta di un fenomeno confinato agli adolescenti: star come Cate Blanchett lo hanno portato a Wimbledon con eleganza, dimostrando che questo oggetto può transitare senza fatica dai festival indie alle loggione più snob.

Gli stilisti hanno colto la sfida trasformandolo in un accessorio di lusso: Louis Vuitton lo riveste del suo monogram in chiave pop, Versace lo dipinge di rosa talco, Dior lo realizza in legno di sicomoro e cotone Toile de Jouy. Prada, fedele al rigore concettuale, lo lega al polso con un cordoncino in pelle intrecciata, trasformandolo in feticcio contemporaneo. E per chi ama l’ironia, Keep Design Up propone un azzurro cielo con la scritta “Dolce far niente”, dichiarazione programmatica di un’estate all’insegna della lentezza.

Le origini del ventaglio risalgono addirittura all’antico Egitto, intorno al 3000 a.C., quando enormi ventagli rigidi di piume servivano non solo per rinfrescare i faraoni, ma anche come simbolo di potere divino. Non era un semplice oggetto, ma segno di status: i nobili si lasciavano accarezzare dal vento prodotto da mani servili, in un gesto che raccontava gerarchie e privilegi. Parallelamente, in Cina e Giappone il ventaglio divenne opera d’arte. In Cina fu inventato il modello pieghevole, decorato con calligrafie, poesie e dipinti, piccoli quadri da aprire e richiudere.

In Giappone entrò nei rituali teatrali del Nō e del Kabuki, fino a diventare parte integrante della cultura estetica del Paese. Il ventaglio approdò in Europa nel Medioevo grazie agli scambi con l’Oriente, ma fu nel Rinascimento che esplose come accessorio di moda. Caterina de’ Medici lo portò a Parigi, dando inizio alla sua irresistibile ascesa nelle corti nobiliari. Nei secoli XVII e XVIII raggiunse l’apice della raffinatezza: realizzato in avorio, madreperla, piume e sete preziose, divenne un gioiello e un’arma segreta di seduzione. Nasceva così il linguaggio del ventaglio: un codice muto che permetteva alle dame di esprimere desideri e sentimenti in epoche in cui la libertà femminile era ridotta al minimo.

Ogni gesto aveva significato: un ventaglio aperto significava “benvenuto”, chiuso e appoggiato alle labbra indicava la richiesta di un colloquio privato, poggiato sul cuore dichiarava un amore eterno, mentre mosso circolarmente metteva in guardia da occhi indiscreti. Persino un gesto improvviso sulla fronte segnalava: “attenzione, arriva mio marito!”. Una danza segreta di sguardi e gesti che trasformava un semplice accessorio in un linguaggio raffinato e complice.

Il ventaglio conobbe anche divieti: alla corte di Luigi XIV poteva essere aperto solo in presenza della regina, mentre sotto Luigi XV venne addirittura bandito perché il fruscio disturbava il re. La Chiesa, a lungo, lo considerò un peccato civettuolo. Eppure, il ventaglio ha sempre trovato nuove vie: a Torino si narra che la pianta del Duomo di Carignano nacque dall’apertura di un ventaglio, gesto di civetteria che ispirò l’architetto Benedetto Alfieri. Durante la Belle Époque, il ventaglio conobbe una nuova stagione d’oro: piume di struzzo morbide e scenografiche ne fecero simbolo di lusso e sensualità, un tocco teatrale che incantava i salotti parigini. Non a caso, pittori come Renoir, Klimt e Modigliani lo ritrassero spesso nei loro quadri, associandolo a una femminilità elegante e misteriosa. Scrittori e poeti gli dedicarono versi appassionati, e Goldoni ne fece protagonista della commedia Il Ventaglio, dove l’oggetto passa di mano in mano, generando equivoci e desideri.

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