La Nuova Zelanda, la cui economia da mesi è in fase di stagnazione, ha deciso, con l'obiettivo di incentivare l'arrivo di turisti, di allentare le sue politiche sui visti per i "nomadi digitali", come vengono chiamate le persone che viaggiano, lavorando da remoto.
Turismo: la Nuova Zelanda spalanca le sue porte ai ''nomadi digitali''
In base alle nuove norme, i visitatori possono lavorare da remoto per un datore straniero mentre sono in vacanza nel Paese per un massimo di 90 giorni, dopodiché potrebbero dovere pagare la tassa di soggiorno.
"Il cambiamento consentirà a molti visitatori di prolungare il loro soggiorno, il che comporterà una maggiore spesa nel Paese", ha affermato il ministro dell'Immigrazione Erica Stanford.
La Nuova Zelanda si trova attualmente in recessione economica e il suo settore turistico è stato duramente colpito dalla chiusura delle frontiere durante la pandemia di Covid-19.
"Diamo il benvenuto in Nuova Zelanda a visitatori di ogni tipo e, in questo annuncio specifico, a coloro che sono in grado di lavorare come nomadi digitali qui sulle nostre coste", ha affermato Stanford.
Il governo ha affermato che le modifiche si applicano a tutti i visti per visitatori, compresi i turisti e le persone che fanno visita a familiari, partner e tutori con visti a lungo termine.
Ha aggiunto che era consentito solo il lavoro da remoto con sede all'estero, mentre i visitatori il cui impiego richiedeva la presenza nel Paese dovevano comunque ottenere i visti appropriati.
Dello stesso avviso il ministro per la Crescita economica, Nicola Willis, che spera che questa iniziativa possa attrarre "persone altamente qualificate con ruoli che le mettano in contatto con aziende e industrie di primo piano a livello mondiale".
"Si tratta di lavori che svolgono all'estero e a cui potranno continuare a lavorare mentre sono in Nuova Zelanda", ha affermato Willis, aggiungendo che "non saranno in competizione per i lavori neozelandesi".
Prima del Covid-19, il turismo era la più grande industria di esportazione del paese e contribuiva all'economia con oltre 40 miliardi di dollari neozelandesi (equivalenti a circa 22 miliardi di dollari), secondo Tourism New Zealand. Ma questa cifra è diminuita negli ultimi anni sulla scia della pandemia.
La Nuova Zelanda è l'ultimo tra i numerosi Paesi ad aver introdotto programmi di visto per i nomadi digitali negli ultimi anni, rispondendo così al crescente numero di persone che cercano opportunità di viaggiare lavorando da remoto.
La tendenza è decollata negli anni 2010, soprattutto tra i giovani lavoratori che cercavano di sfuggire alla routine quotidiana. È stata ulteriormente rafforzata dalla pandemia di Covid-19, quando i lockdown mondiali hanno portato a un cambiamento negli atteggiamenti verso il lavoro da remoto.
Tra i paesi che offrono visti per nomadi digitali ci sono Giappone, Corea del Sud, Brasile, Spagna e Portogallo.
Ma la presenza di nomadi digitali in alcuni luoghi ha anche scatenato il dibattito sul fatto che la loro presenza ha comportato un aumento dei costi.