Esteri

Medio Oriente: la cagnolina Billie torna a casa, testimone delle devastazioni della guerra

Barbara Leone
 
Medio Oriente: la cagnolina Billie torna a casa, testimone delle devastazioni della guerra

Nel cuore spezzato del Medio Oriente, là dove la terra geme sotto il peso delle bombe e le madri seppelliscono i figli in lenzuola troppo piccole, una storia lieve come un soffio d’amore ha bucato l’ombra fitta della guerra. È una storia che comincia con l’orrore. Con l’assalto del 7 ottobre 2023 al kibbutz di Nir Oz, nel sud d’Israele, dove il tempo si è fermato tra grida, spari e porte blindate chiuse in fretta, mentre fuori infuriava la furia dell’attacco terroristico di Hamas.

Medio Oriente: la cagnolina Billie torna a casa, testimone delle devastazioni della guerra

Quel giorno, Rachel Dancyg ha perso tutto. Il suo ex marito, Alex, e suo fratello, Itzhak, sono stati rapiti e uccisi. E nel caos, è sparita anche Billie, la sua cagnolina: un Cavalier King Charles Spaniel dal manto candido e lo sguardo malinconico, troppo fragile per la brutalità del mondo.

Per mesi, Rachel ha vissuto con una ferita aperta e silenziosa, lacerata dal pensiero di quel piccolo essere indifeso abbandonato al destino. Nella stanza blindata in cui si era nascosta per otto interminabili ore, la paura aveva schiacciato ogni pensiero razionale. E quando le sirene hanno taciuto e le porte si sono aperte, Billie non c’era più. Intorno a lei, il kibbutz era un campo di battaglia. Il villaggio, un tempo luogo di comunità e sogni condivisi, si era trasformato in un cimitero diffuso. Quasi un quarto dei suoi 400 abitanti era stato ucciso o rapito. E anche gli animali, fedeli compagni silenziosi, erano stati portati via, o trucidati. Il dolore, lì, si è fatto paesaggio.

Con il passare dei mesi, la speranza si è assottigliata fino a sparire. E Rachel, cercando una tregua fisica e psichica da quella terra martoriata, ha deciso di trasferirsi nel nord di Israele con la sua famiglia. Ma il cuore, quello no, non si sposta. Rimane ancorato ai volti perduti, alle carezze mancate, ai nomi sussurrati nel sonno. Poi, in un martedì qualunque, una telefonata. La voce di un soldato. "Abbiamo trovato Billie".
All’inizio è sembrato uno scherzo crudele, un abbaglio.

Rachel ha chiesto una foto: ha bisogno di vedere per credere. E in quell’immagine sgranata, inviata da un angolo devastato di Gaza, c’era lei. Sporca, dimagrita, ma viva. Viva. Con lo stesso sguardo dolce, appena velato dalla confusione.

Il soldato si chiama Aviad Shapira, riserva dell’esercito israeliano. Aveva trovato Billie tra le macerie di Rafah, 14 chilometri dal kibbutz. Lei gli si era avvicinata senza timore, forse attratta dal suono familiare dell’ebraico, forse guidata da un istinto antico che riconosce l’anima buona tra mille sconosciute.

"Ho detto ‘shalom’, e lei mi è saltata addosso", ha raccontato con emozione. L’ha portata da un veterinario, ha scansionato il microchip, e ha trovato un nome: Dancyg. E una storia.
Quando Rachel l’ha stretta tra le braccia, ha tremato. Billie era viva. La sua Billie. Smarrita, certo, segnata da un’odissea che nessun animale dovrebbe vivere. Ma ancora capace di scodinzolare, di cercare il suo grembo, di chiudere gli occhi mentre una mano amica le accarezza il dorso. "È un miracolo", ha detto Rachel all’Associated Press. "Non ha senso…Come ha fatto?".

Come ha fatto, davvero? Come ha fatto una creatura così fragile a sopravvivere a una delle guerre più feroci del nostro tempo? Come ha fatto a percorrere chilometri, a evitare le mine, il fuoco, a sopravvivere alla fame? Forse, in fondo, Billie è diventata simbolo di qualcosa che abbiamo dimenticato: la resilienza silenziosa della vita, che si ostina a fiorire anche nel deserto delle atrocità.

Come quei ciclamini che fioriscono sui marciapiedi, nonostante tutto. Forse, in fondo, Billie è diventata simbolo di qualcosa che abbiamo smarrito nel rumore assordante della distruzione: la resilienza muta ma tenace della vita, che non chiede permesso, che non alza la voce, ma semplicemente resiste.

Una forza lieve, che non fa clamore, eppure persiste come un battito ininterrotto sotto la pelle della terra. La stessa forza dei ciclamini, quei fiori discreti e coraggiosi che sbocciano tra le crepe dei marciapiedi, nei cortili dimenticati, ai bordi delle strade percorse dalla fretta. Nessuno li pianta davvero, nessuno li aspetta eppure loro arrivano, vestiti di rosa, di bianco, di porpora, portando con sé una bellezza pudica, una grazia indomita. E fioriscono, quando tutto sembra morire. Si piegano verso il suolo come in un gesto di preghiera, ma il loro cuore resta saldo, radicato nella terra fredda, testardo e segreto. Come a dire: anche qui, dove il gelo sembra regnare sovrano, c’è ancora vita. Anche qui, dove nessuno guarda, la speranza si fa carne.

Così anche Billie, sola in mezzo alle rovine, ha trovato il modo di resistere. Di ascoltare una voce familiare tra mille suoni ostili. Di non spegnersi. Di attendere, come un piccolo ciclamino, che qualcuno si accorgesse di lei e la riportasse a casa.

La sua storia non cancella le macerie. Non restituisce i morti, né placa il pianto dei genitori che non hanno più figli, né dei figli che non hanno più genitori. Non riscrive le cifre: oltre 1.200 morti israeliani, più di 250 ostaggi, 51.000 palestinesi uccisi - più della metà donne e bambini -, interi quartieri cancellati come nomi da una lavagna. Non cancella nemmeno l’assenza: ancora oggi, decine di ostaggi giacciono a Gaza, e la trattativa per riportarli a casa è impantanata in un vicolo cieco. Eppure. Eppure Billie è tornata. In un mondo che implode, la sua piccola coda scodinzola ancora. E quando si rannicchia sulle ginocchia di Rachel, chiude gli occhi e sospira. È stanca. È provata. Ma è viva.

Il kibbutz di Nir Oz, nel comunicare la notizia, ha scritto: ''Una piccola luce in un grande dolore''. Ed è così. In mezzo al frastuono dei missili e delle sirene, in mezzo al linguaggio secco della diplomazia e della vendetta, questa storia sussurra piano che qualcosa di buono resiste ancora. Che nel cuore di una guerra disumana, un cane può ancora riconoscere la voce dell’amore. "Finché gli ostaggi saranno lì, non potrò uscire da questo trauma", ha detto Rachel. Ma intanto Billie è tornata. E questo, forse, è il primo passo verso la guarigione. Verso la memoria che non cancella, ma accarezza. Verso la speranza che non urla, ma respira piano, tra le braccia di una donna e il battito tremante di una piccola anima ritrovata.

  • villa mafalda 300x600
  • PP evolution boost estivo giugno 2024
Rimani sempre aggiornato sulle notizie di tuo interesse iscrivendoti alla nostra Newsletter
Notizie dello stesso argomento
Medio Oriente: la cagnolina Billie torna a casa, testimone delle devastazioni della guerra
21/04/2025
Barbara Leone
Medio Oriente: la cagnolina Billie torna a casa, testimone delle devastazioni della guerra
Cina: Xi vuole creare un'alleanza asiatica contro le strategie di Trump
20/04/2025
Redazione
Cina: Xi vuole creare un'alleanza asiatica contro le strategie di Trump
Usa: i Democratici si riorganizzano per contrastare le politiche di Trump
19/04/2025
Redazione
Usa: i Democratici si riorganizzano per contrastare le politiche di Trump
Dazi: la guerra commerciale tra Usa e Canada mette in ginocchio l'industria vinicola americana
19/04/2025
Redazione
Dazi: la guerra commerciale tra Usa e Canada mette in ginocchio l'industria vinicola ameri...