Economia

Il "Trump trade" sta finendo?

Strategy Unit di Pictet Asset Management
 
Il 'Trump trade' sta finendo?
Le azioni globali hanno chiuso il mese in ribasso, sottoperformando le obbligazioni per timore che i dazi proposti dal Presidente Trump nei confronti dei principali partner commerciali scatenino una guerra commerciale globale, smorzino la crescita economica e peggiorino l'inflazione.

Trump ha dichiarato che le importazioni cinesi dovranno far fronte ad un'ulteriore tassa del 10%, mentre sulle merci provenienti da Canada e Messico sono stati imposti dazi del 25%, poi sospesi fino al 2 aprile.

Queste incertezze politiche hanno incoraggiato gli investitori a liquidare il "Trump trade", ovvero azioni statunitensi, Bitcoin e dollaro, asset class che avevano registrato un rally prima dell'insediamento ma attualmente sotto pressione. Il colosso dei chip Nvidia è il titolo tecnologico che sta registrando le performance peggiori, poiché i risultati trimestrali non sono riusciti ad alleviare le preoccupazioni relative alla spesa per tecnologie di intelligenza artificiale.

Anche le azioni giapponesi hanno perso il 4%, toccando il punto più basso negli ultimi cinque mesi, in quanto i timori per la salute dell'economia statunitense ed il rafforzamento dello yen pesano sulle esportazioni.

Al contrario, il comparto azionario europeo ha registrato un andamento positivo, con le azioni di Eurozona, Regno Unito e Svizzera in aumento tra il 2% e il 3%. Tali movimenti rispecchiamo una dinamica degli utili societari a favore del Vecchio Continente, poiché l'indicatore di sorpresa economica della regione, che registra la misura in cui i dati pubblicati sono superiori o inferiori alle aspettative del mercato, ha raggiunto il livello massimo degli ultimi cinque mesi, rispetto a quello degli Stati Uniti, che ha invece toccato il minimo.

Le azioni dei mercati emergenti si sono dimostrate resilienti di fronte all'incertezza sulla politica commerciale, in quanto il dollaro si è indebolito ed il recente approccio pro-business di Pechino ha sostenuto in particolare i mercati cinesi.



Per quanto riguarda il reddito fisso, i Treasury USA hanno guadagnato oltre il 3% in un rally che ha visto il rendimento di riferimento a 10 anni scendere al 4,3%, 50 punti base al di sotto del picco di metà gennaio ma allo stesso livello di un anno fa.

I titoli di Stato giapponesi sono scesi di quasi l'1% perché gli investitori avevano già anticipato un ulteriore inasprimento della politica monetaria da parte della Bank of Japan.

Nel credito, l'investment grade statunitense ha sovraperformato la sua controparte high yield, invertendo una recente tendenza dopo che lo spread tra i due strumenti è sceso sotto i 200 punti base, un livello che storicamente ha innescato una correzione.

Nel frattempo, sui mercati valutari, il dollaro si è indebolito contemporaneamente al calo dei rendimenti obbligazionari di riferimento (Fig.1).

Regioni e settori azionari: alla ricerca di guadagni

Nel 2025 i mercati azionari globali sono in piena trasformazione: le società fino all'anno scorso in secondo piano stanno ora uscendo allo scoperto, mentre i titoli che sono stati i recenti protagonisti stanno cadendo preda delle prese di profitto. I fondamentali che monitoriamo sono di buon auspicio, in particolare per un’asset class che tradizionalmente rimane sempre indietro: l’azionario europeo.

Gli indicatori economici mostrano alcuni segnali di miglioramento in questa regione, con una ripresa del sentiment dei consumatori e dei PMI manifatturieri, sebbene si partisse da un livello basso. Ciò ci ha spinto a portare le nostre prospettive macroeconomiche per il blocco europeo da negative a neutrali.

Anche le prospettive per gli utili societari europei sembrano migliori: per la prima volta in due anni, le aspettative di utili a 12 mesi a termine nell'eurozona stanno aumentando più rapidamente che negli Stati Uniti (Fig.2). Il miglioramento riguarda tutti i settori, probabilmente in previsione di una ripresa ciclica dell'economia, di una potenziale distensione in seguito ad un cessate il fuoco in Ucraina e della possibilità di un aumento della spesa pubblica. Anche la politica monetaria è più favorevole nell'eurozona: il nostro modello di liquidità indica quattro ulteriori tagli dei tassi d'interesse da parte della BCE quest'anno rispetto a uno solo da parte della Fed.



Le azioni statunitensi, invece, si trovano ad affrontare una difficile sfida. La nostra preoccupazione principale è che gli utili societari non siano più in grado di controbilanciare le valutazioni elevate. Il mercato statunitense sta scambiando con un rapporto prezzo/utili medio di 22 volte rispetto alla media a lungo termine di fair value da noi stimato, pari a 19 volte. Confrontando le valutazioni delle azioni statunitensi con quelle europee, queste ultime scambiano ancora con un prezzo scontato del 30%, anche dopo aver corretto le differenze nella composizione settoriale.

Per tutti questi motivi, abbiamo portato le azioni europee a sovrappeso, declassando le azioni statunitensi a neutrali. Per il resto, continuiamo a sovrappesare le azioni dei mercati emergenti, esclusa la Cina, e le azioni svizzere, poiché entrambe le regioni offrono valutazioni interessanti. Se il mondo emergente continua a dimostrare una certa resilienza economica, le prospettive della Svizzera sono sostenute dal miglioramento della dinamica degli utili.

Tra i settori continuiamo a sovrappesare i titoli finanziari, che potrebbero beneficiare dell'accelerazione della crescita dei prestiti e della potenziale deregolamentazione sotto l'attuale amministrazione statunitense. Il settore mostra una sana dinamica degli utili e valutazioni neutre, il che lo rende un "Trump trade" relativamente interessante.

Sovrappesiamo anche i comparti dei servizi di comunicazione e di pubblica utilità. Il primo è sostenuto da sani utili societari e da segnali tecnici, nonostante le valutazioni sfidanti (è il settore più costoso del nostro modello, insieme a quello tecnologico); i nostri indicatori tendenziali sono tutti molto positivi per i servizi di comunicazione. I servizi di pubblica utilità, invece, offrono caratteristiche difensive e tendenze positive a lungo termine, come un aumento della domanda di elettricità.
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