Con un annuncio che ha sorpreso le cancellerie occidentali e quelle del mondo arabo, Donald Trump ha reso noto, sostanzialmente, di non credere nei piani di ricostruzione della Striscia di Gaza, devastata dal conflitto che oggi vive uno stato di delicato cessate il fuoco, e di premere per una soluzione assolutamente radicale che veda gli abitanti obbligati a trasferirsi soprattutto in Giordania ed Egitto. Un piano, a suo modo, definitivo per risolvere un problema che va avanti da decenni e che ciclicamente registra esplosioni di violenza.
Trump non crede nella rinascita della Striscia e chiede a Giordania ed Egitto di accogliere i gazawi
Di questo Trump ha rivelato di avere parlato, telefonicamente, con il re giordano, Abdullah II, da sempre un fedele alleato di Washington nella regione. La Giordania sopporta un peso elevatissimo di rifugiati, perché, se quelli palestinesi ufficialmente riconosciti come tali sono 2,39 milioni, il numero di quelli siriani supera abbondantemente il milione e non è dato sapere che la fine del regime di Assad invertirà il flusso. Un'altra telefonata dovrebbe essere intercorsa tra Trump e il presidente egiziano Abdel Fattah el-Sisi.
Il presidente americano ha sottolineato che nella regione ci sono conflitti che durano da secoli, dicendo, riferendosi a Gaza, che ''qualcosa deve succedere, ma in questo momento è letteralmente un cantiere di demolizione. Quasi tutto è stato demolito e la gente sta morendo lì, quindi preferirei impegnarmi con alcune nazioni arabe e costruire alloggi in un luogo diverso dove penso che potrebbero vivere in pace per una volta".
Il presidente si è spinto anche a dire che le potenziali abitazioni "potrebbero essere temporanee" o "potrebbero essere a lungo termine".
La proposta di Trump, che sembra essere improntata al trucco di mettere la polvere sotto il tappeto, ha ricevuto un brusco ''no'' da parte del Cairo.
Ieri il Ministero degli Affari Esteri egiziano ha dichiarato di respingere qualsiasi spostamento forzato di palestinesi, pur non facendo una esplicita menzione al piano di Trump. Il ministero ha detto, semplicemente, che l'Egitto è contro "lo spostamento dei palestinesi dalla loro terra tramite sfratto forzato", spiegando che ''Tali azioni minacciano la stabilità, rischiano di estendere ulteriormente il conflitto nella regione e compromettono le opportunità di pace e coesistenza”, prosegue la dichiarazione.
D'altra parte nemmeno la Giordania s'è detta disposta a fare parte del piano elaborato da Trump.
La Giordania, ha detto il ministro deli Esteri, Ayman Safadi, si è impegnata a "garantire che i palestinesi rimangano sulla loro terra. Il nostro rifiuto di sfollamento è una posizione ferma che non cambierà. La Giordania è per i giordani, e la Palestina è per i palestinesi".
Safadi, per evitare che nelle sue parole ci fossero delle zone d'ombra interpretative, ha ribadito la "ferma e immutabile" posizione della Giordania a favore di una soluzione che preveda due Stati. Il Ministero degli Esteri egiziano, nella sua dichiarazione, ha anche invitato la comunità internazionale a sostenere il raggiungimento di una soluzione a due stati per il conflitto israelo-palestinese.
I commenti di Trump sembrano rompere con decenni di politica estera statunitense, che da tempo sottolinea l'importanza della soluzione a due stati per Israele e Palestina.
Nella regione circola da tempo il timore che Israele voglia cacciare i palestinesi da Gaza e trasferirli nei paesi vicini, una premessa che Israele respinge. ma che è sostenuta dalle fazioni di estrema destra della sua coalizione di governo.
Bassem Naim, un alto funzionario di Hamas, ha affermato che i palestinesi "non accetteranno alcuna proposta o soluzione" da parte di Trump riguardo all’abbandono della loro patria, anche se sono "apparentemente ben intenzionate sotto le mentite spoglie della ricostruzione".
Dopo il suo insediamento, Trump ha revocato le sanzioni imposte dall'amministrazione Biden contro i coloni israeliani ritenuti responsabili delle violenze mortali nella Cisgiordania occupata, in una mossa accolta con favore dal ministro delle finanze israeliano, Bezalel Smotrich, che ha sostenuto con forza la necessità che Israele ristabilisca gli insediamenti ebraici a Gaza, abbandonati in seguito a un ordine israeliano del 2005.