Esteri

Petroliera Skipper sotto sequestro: Washington alza la pressione su Maduro

Barbara Leone
 
Petroliera Skipper sotto sequestro: Washington alza la pressione su Maduro

In primo piano il sequestro USA di una petroliera al largo delle coste venezuelane, un’operazione annunciata dal presidente Trump e ampiamente riportata dalla CNN e dalle principali testate globali. Il tycoon ha descritto l’imbarcazione come “una petroliera enorme, molto grande, la più grande mai sequestrata, in realtà”, sottolineando che l’intervento si inserisce nella crescente pressione esercitata da Washington sul governo del presidente venezuelano Maduro.

Petroliera Skipper sotto sequestro: Washington alza la pressione su Maduro

Il procuratore generale Pam Bondi, sempre secondo la CNN, ha spiegato che la nave, sanzionata da anni dagli Stati Uniti, era coinvolta in quella che viene definita una rete di trasporto illecito di petrolio a beneficio di organizzazioni terroristiche straniere, in particolare legate a Venezuela e Iran. Bondi ha diffuso sui social un video che mostra personale armato calarsi da un elicottero per prendere il controllo della nave, specificando che al sequestro hanno collaborato FBI, Homeland Security Investigations e Guardia Costiera, con il supporto del Dipartimento della Guerra.

L’operazione si è svolta in acque internazionali, senza incidenti né vittime tra gli statunitensi o tra l’equipaggio. La CNN riferisce che la petroliera, chiamata Skipper e precedentemente nota come Adisa, trasportava greggio venezuelano. Era stata sanzionata già nel 2022 per aver facilitato il commercio di petrolio destinato a Hezbollah e al Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica-Forza Quds dell’Iran. Un alto funzionario statunitense ha affermato che l’imbarcazione, ufficialmente diretta verso Cuba, era in realtà destinata al mercato asiatico tramite venditori cubani.

Lo stesso funzionario ha lasciato intendere che nelle prossime settimane potrebbero avvenire ulteriori sequestri, nell’ambito della strategia di pressione su Maduro. Interpellato dalla stampa, Trump ha detto di non aver parlato di recente con il presidente venezuelano, rifiutandosi però di precisare chi sia il proprietario della nave. Il governo di Caracas ha condannato con forza il sequestro, definendolo “un atto di pirateria internazionale”, e accusando Washington di avere come unico obiettivo l’appropriazione delle ricchezze naturali venezuelane.

In una dichiarazione ufficiale, le autorità di Maduro hanno negato che la mossa statunitense abbia a che fare con migrazione, narcotraffico, democrazia o diritti umani, sostenendo invece che si tratti del petrolio e dell’energia del Paese. Caracas ha annunciato ricorsi legali presso “tutti gli organismi internazionali esistenti”. Il contesto descritto dalla CNN mostra una pressione crescente: da mesi Washington ha dispiegato migliaia di soldati e un gruppo di portaerei nei Caraibi, conducendo attacchi contro imbarcazioni sospettate di trasporto di droga.

Secondo i dati riportati dalla stessa emittente, tali operazioni hanno causato fino ad ora 87 morti e distrutto 23 imbarcazioni. La CNN aggiunge che l’amministrazione Trump sta già preparando piani per l’eventuale fase successiva, nell’ipotesi in cui Maduro venga rovesciato. Nel frattempo, immagini satellitari e dati di navigazione analizzati dalla CNN mostrano che la Skipper aveva nascosto la sua reale posizione mentre era attraccata in un terminal petrolifero venezuelano il mese precedente.

A completare il quadro, l’agenzia Reuters rileva che più di trenta navi petrolifere legate al Venezuela e soggette a sanzioni statunitensi potrebbero incorrere in ulteriori misure punitive dopo il sequestro della superpetroliera. Reuters sottolinea come il provvedimento contro la Skipper, considerata parte di una vasta “flotta ombra” utilizzata per trasportare petrolio sanzionato, abbia messo in allerta molti armatori e operatori del settore, spingendoli a valutare se sia opportuno lasciare le acque venezuelane nei prossimi giorni.

Secondo gli analisti citati da Reuters, l’azione potrebbe causare ritardi nelle esportazioni e scoraggiare ulteriormente chi commercia greggio venezuelano. Sempre secondo l’agenzia, la flotta ombra mondiale ammonta a oltre 1.400 petroliere, più di 900 delle quali soggette a sanzioni statunitensi, britanniche o europee. Spesso operano con sistemi di localizzazione disattivati o mascherati, trasportando petrolio sanzionato proveniente da Russia, Iran e Venezuela verso destinazioni asiatiche. I dati indicano che molte di queste navi lasciano i porti venezuelani sotto falsi nomi e mantengono nascosta la propria posizione fino a quando non sono già in rotta attraverso l’Atlantico. Reuters ricorda inoltre che, negli ultimi anni, Washington ha inserito quasi l’intera flotta della compagnia petrolifera statale PDVSA nella lista delle navi sanzionate.

Parallelamente a queste tensioni, un altro fronte informativo si apre sugli Stati Uniti, con la BBC che riporta il lancio da parte di Trump di un controverso programma di visti accelerati destinati a stranieri facoltosi. La cosiddetta Trump Gold Card promette un percorso rapido verso la cittadinanza per chi può permettersi una quota d’ingresso di almeno un milione di dollari, cifra che sale a due milioni per le aziende che sponsorizzano dipendenti. Secondo il sito ufficiale del programma, citato dalla BBC, la carta è pensata per chi può apportare un “vantaggio sostanziale” al Paese, e prevede tempi record per l’ottenimento della residenza.

La versione “platinum”, ancora più esclusiva, offrirà agevolazioni fiscali a chi investe cinque milioni di dollari. I richiedenti devono inoltre pagare una tassa di elaborazione non rimborsabile di 15.000 dollari e potrebbero incorrere in ulteriori costi governativi. La BBC ricorda che il progetto è stato criticato dai democratici, che lo giudicano un favoritismo verso i più ricchi. Le polemiche si inseriscono in un contesto di forte stretta sull’immigrazione: Washington ha aumentato le tariffe dei visti di lavoro, sospeso le richieste provenienti da diciannove Paesi soggetti al divieto di viaggio, interrotto momentaneamente le procedure di asilo e annunciato la revisione di migliaia di casi approvati sotto l’amministrazione Biden.

La BBC evidenzia che anche l’imposizione di una tassa da 100.000 dollari per i richiedenti dei visti H-1B aveva generato forte allarme tra studenti stranieri e aziende tecnologiche, prima che la Casa Bianca chiarisse che sarebbe stata applicata soltanto ai candidati esteri. Infine, il Guardian dedica ampio spazio alle manovre diplomatiche sulla guerra in Ucraina, raccontando che oggi i leader della cosiddetta “coalizione dei volenterosi” terranno una videochiamata di alto livello. Il quotidiano britannico sottolinea l’impazienza di Trump nei confronti degli alleati europei e il suo scetticismo sull’utilità di nuovi colloqui, che il presidente statunitense ha descritto come un potenziale “perdere tempo”. Il Guardian riferisce che Trump ha discusso con toni “piuttosto forti” di Ucraina durante una precedente telefonata con il premier britannico Keir Starmer, con il presidente francese Emmanuel Macron e con il cancelliere tedesco Friedrich Merz, spiegando che gli Stati Uniti vogliono chiarezza su alcuni punti prima di partecipare agli incontri previsti nel fine settimana in Europa. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky parteciperà alla chiamata odierna, insieme ai leader europei coinvolti nei tentativi di avanzare un piano di pace, su cui – secondo il Guardian – Kiev dovrebbe presentare una versione aggiornata. Zelensky ha scritto su X che “questa settimana potrebbe portare novità”, ribadendo che l’obiettivo resta fermare le uccisioni e impedire una nuova invasione russa. Il quotidiano britannico aggiunge che i governi europei stanno elaborando possibili garanzie di sicurezza per l’Ucraina nel caso in cui si raggiungesse un accordo, anche se non è chiaro quali impegni concreti i Paesi occidentali siano pronti ad assumere.

Da parte sua, Trump ha alternato segnali contraddittori: secondo il Guardian, il presidente statunitense è passato da dichiarazioni di supporto all’Ucraina a posizioni più fredde, fino a proporre un piano di pace percepito da molti come favorevole alla Russia. Il giornale ricorda anche che funzionari russi hanno accolto positivamente gli sforzi diplomatici della Casa Bianca, con Vladimir Putin che la settimana scorsa ha ricevuto al Cremlino gli inviati statunitensi Steve Witkoff e Jared Kushner per cinque ore di colloqui. Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha dichiarato che Trump sarebbe l’unico leader occidentale a comprendere le ragioni che avrebbero reso “inevitabile” la guerra. Tuttavia, secondo il Guardian, pochi segnali indicano che Mosca sia realmente disposta a firmare un accordo, nonostante le condizioni prospettate dalla Casa Bianca comprendano la rinuncia di Kiev al controllo sull’intera regione del Donbass. Putin continua invece a richiedere una “soluzione globale” al conflitto.

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