Al momento il comparto del credito risulta costoso nel suo complesso, ma guardandolo da vicino è possibile notare una fortissima differenziazione tra settori. A nostro avviso, nella seconda parte del 2024 e con l'approssimarsi del 2025, si passerà dalla volatilità dei tassi d'interesse alla volatilità del credito e, di conseguenza, muterà anche l'attenzione degli investitori.
In un contesto di contrazione degli spread creditizi, è bene ricordare un paio di aspetti: innanzitutto, serve chiedersi dove si trovi il valore relativo e se sia possibile rintracciarlo in uno specifico settore o comparto, piuttosto che in un altro. Ad esempio, se confrontiamo il debito societario con il debito al consumo, quest’ultimo – così come i titoli garantiti da mutui ipotecari – è storicamente molto più conveniente rispetto al mercato delle obbligazioni corporate investment grade o persino high yield. Tuttavia, anche all'interno di un singolo settore, occorre considerare la protezione dai ribassi; qualora la remunerazione non sia elevata, si potrebbe scegliere l'attivo più sicuro anziché il più rischioso. Ad esempio, nel mercato obbligazionario high yield, quando i nostri analisti elaborano le previsioni bottom-up sui default a livello settoriale, notiamo una grande dispersione nei 24 mesi successivi, con previsioni inferiori all'1% in alcuni settori e addirittura vicine al 20% in altri. A nostro avviso, dato il contesto attuale è opportuno puntare sul credito di qualità maggiore a un prezzo molto conveniente, privilegiando i settori più sicuri o quelli che, secondo le nostre previsioni, avranno default inferiori considerata la specifica esposizione in un portafoglio.
Quanto più a lungo la Fed manterrà i tassi d'interesse sui livelli attuali, tanto più dovremmo interrogarci sulla capacità degli emittenti di ripagare il debito con oneri finanziari più elevati. Se pensiamo alle aziende, il loro costo degli interessi è più alto. Mentre se guardiamo, ad esempio, il mercato dei mutui ipotecari o dei finanziamenti per auto, man mano che gli emittenti si rifinanziano e ritornano ai livelli attualmente prevalenti, i costi del servizio del debito aumentano. In generale, quindi, i risultati nel segmento del reddito fisso non dipenderanno interamente dall'eventuale abbassamento dei tassi da parte della Fed nel 2024. Inoltre, il fatto che i tassi d'interesse siano saliti così tanto negli ultimi tre anni, in realtà pone gli investitori in una posizione molto più competitiva. In effetti, anche se i tassi d'interesse non dovessero scendere, determinando un ulteriore aumento dei prezzi, il livello attuale di reddito e di rendimento è sufficiente a generare performance più interessanti rispetto a quelle registrate nella maggior parte dell'ultimo decennio.
Gli investitori di tutto il mondo stanno riscontrando temi simili rispetto a quelli della Fed negli Stati Uniti, confrontandosi con una moderazione dell'inflazione e l'aspettativa di tassi d'interesse che scenderanno a un certo punto in futuro. In Europa la Banca centrale europea proseguirà probabilmente prima nel taglio dei tassi, dal momento che gran parte dell'economia del continente ha evidenziato una crescita più lenta e che la Germania al momento è prossima alla recessione. Infatti, la debolezza economica, unita all'inflazione che ha finalmente iniziato a stabilizzarsi e a scendere, permetterà alla BCE di ridurre i tassi d'interesse nella seconda parte dell'anno. A nostro parere, se altre banche centrali tagliassero i tassi d'interesse, si creerebbe un contesto che potrebbe spingere la Fed a prendere in considerazione la possibilità di fare lo stesso. Nel complesso, anche se alcune banche centrali dovessero seguire una politica divergente, come già successo, siamo convinti che i riflettori resteranno puntati sulla Fed.