FOTO: Annabel Symington - CC BY 2.0
Il numero di Paesi che hanno registrato un attacco terroristico è aumentato da 58 a 66, secondo il 12° Global Terrorism Index annuale appena pubblicato, in netta controtendenza dopo un decennio di miglioramenti, con 45 Paesi in peggioramento e 34 in miglioramento.
Terrorismo: il Sahel è l'area con più vittime del mondo
I quattro gruppi terroristici più letali hanno intensificato la loro violenza nel 2024, determinando un aumento dell'11% delle vittime. In Occidente attualmente dominano gli attacchi dei lupi solitari, che rappresentano il 93% degli attentati mortali negli ultimi cinque anni. Il primo grande aumento di incidenti terroristici in Occidente ha avuto luogo dal 2017, con attacchi aumentati da 32 a 52. Svezia, Australia, Finlandia, Paesi Bassi, Danimarca e Svizzera hanno registrato i loro primi attacchi in più di cinque anni. La Germania è stata la nazione con le peggiori prestazioni in Europa, piazzandosi al 27° posto a livello mondiale dopo l'attacco al mercatino di Natale di Magdeburgo.
Il conflitto di Gaza ha intensificato l'instabilità in Medio Oriente e sta alimentando i crimini d'odio in Occidente, mentre le morti per terrorismo sono aumentate in Iran. Le morti per terrorismo globale sono rimaste costanti nel 2024, dopo aver consentito l'attacco del 7 ottobre. I quattro gruppi terroristici più letali hanno intensificato la loro violenza, causando un aumento dell'11% delle vittime per terrorismo. Il maggior numero di morti per terrorismo si è verificato in Burkina Faso, Pakistan e Siria.
Lo Stato islamico è tuttora l'organizzazione più letale e la causa di 1.805 morti in 22 Paesi nel 2024, uno in più rispetto all'anno precedente. L'IS è stato più attivo in Siria e nella Repubblica Democratica del Congo. L'IS Khorasan Province è emerso come uno dei gruppi jihadisti più attivi al mondo, conducendo importanti attacchi in Iran e Russia. Dal 2020, l'ISK si è espanso da un Paese a cinque, producendo propaganda in nove lingue. Tehrik-e-Taliban Pakistan (TTP) è l'organizzazione terroristica in più rapida crescita, con morti in aumento del 90% a 558.
"Il Global Terrorism Index di quest'anno evidenzia due preoccupazioni chiave; in primo luogo, il 98% di tutte le morti per terrorismo si è verificato in zone di conflitto, con il 2024 che ha registrato il numero più alto di conflitti dalla fine della seconda guerra mondiale. In secondo luogo, le tensioni sociali e l'insoddisfazione all'interno dell'Occidente stanno alimentando il terrorismo di attori solitari. Il 93% di tutti gli attacchi terroristici mortali è stato causato da attori solitari.
Il modo migliore per controllare il terrorismo è fermare o ridurre il numero di conflitti. Inoltre, il conflitto di Gaza è stato, ed è tuttora, un catalizzatore per l'antisemitismo e l'islamofobia", commenta Steve Killelea, fondatore e presidente esecutivo dell’Institute for Economics & Peace, un think tank globale con sede an Sydney, Australia e sedi New York City, Mexico City e l’Aia The Hague, che realizza l’Indice della Pace Globale.
Tuttavia, il Sahel resta l’epicentro del terrorismo globale, responsabile di oltre la metà delle morti per attacchi terroristici. Nell’Africa subsahariana, escluso il Sahel, i decessi sono ai minimi dal 2016 con un calo del 10% mentre governance debole, tensioni etniche e degrado ecologico hanno creato nella zona un ambiente favorevole in cui il terrorismo può prosperare. Il Sahel rappresenta il 51% dei decessi per terrorismo del 2024 e secondo il nuovo rapporto in questa zona semiarida a sud del deserto del Sahara sono morte 3.885 persone su un totale nel mondo di 7.555. Il report registra un numero di morti decuplicato dal 2019, mentre il bilancio globale è sceso rispetto al picco di 11.000 del 2015.
L’analisi segnala che l’area è dominata dal gruppo affiliato allo Stato Islamico nel Sahel e da Jama'at Nusrat al-Islam wal Muslimeen (JNIM), legato ad al-Qaeda. Entrambi i gruppi stanno ampliando il proprio controllo territoriale: IS-Sahel ha raddoppiato le aree sotto il suo dominio in Mali dopo i colpi di Stato del 2020 e 2021, mentre JNIM ha esteso la sua influenza nei territori circostanti. Il Burkina Faso è il paese più colpito per il secondo anno consecutivo, unico Stato oltre Iraq e Afghanistan a guidare questa tragica classifica nei 14 anni del rapporto.
Il GTI sottolinea che anche la crescente instabilità politica ha contribuito a creare il terreno ideale per l’espansione jihadista: il Sahel è ora noto come la “cintura dei golpe” dell’Africa, con sei colpi di Stato riusciti dal 2020 in Mali, Burkina Faso, Guinea e Niger, portando al potere giunte militari che non sono riuscite a migliorare la sicurezza, peggiorando anzi la situazione.
L’economia illegale è il motore della violenza: i gruppi jihadisti finanziano le loro operazioni con rapimenti a scopo di riscatto, traffico di droga e furti di bestiame. Il Sahel è diventato una rotta strategica per il narcotraffico, con la cocaina sudamericana che transita verso l’Europa, mentre le miniere d’oro artigianali non regolamentate sono sfruttate per generare profitti. Tuttavia, alcuni gruppi evitano il coinvolgimento diretto nella criminalità organizzata, preferendo tassare la popolazione locale o fornire “protezione” in cambio di denaro, una strategia che ne rafforza il controllo sociale.
Dopo l’ondata di colpi di Stato, i governi della regione si sono allontanati dagli alleati occidentali, come Francia e Stati Uniti, per avvicinarsi a Russia e Cina. Mosca, attraverso la riorganizzazione dei mercenari della Wagner nell’Africa Corps, ha intensificato la sua presenza, ma finora il supporto militare ai regimi locali non ha portato miglioramenti significativi nella lotta all’insurrezione.
Il rapporto GTI avverte che il conflitto rischia di estendersi oltre il cosiddetto “epicentro del terrore” verso i paesi limitrofi come il Togo, che ha visto nel 2024 un record di attacchi e vittime, con 10 attentati e 52 morti, concentrati lungo il confine con il Burkina Faso. L’analista Beverly Ochieng, specializzata in Africa francofona, avverte che “l’espansione di gruppi militanti nella regione, in paesi come Benin e Togo, sembra imminente”. Con una popolazione giovanile in forte crescita e condizioni di vulnerabilità estrema, il Sahel rischia di diventare il punto di partenza di un conflitto che potrebbe destabilizzare l’intera Africa occidentale.