Economia

Tassa di soggiorno, record di incassi ma polemiche accese

Redazione
 
Tassa di soggiorno, record di incassi ma polemiche accese
La tassa di soggiorno continua a far discutere e si conferma uno dei temi più caldi della finanza pubblica italiana. Nata come imposta di scopo, destinata a migliorare i servizi turistici e la valorizzazione dei territori, è ormai diventata una voce di bilancio di rilievo per i Comuni, tanto da trasformarsi in un vero e proprio “tesoro” fiscale. Secondo le ultime proiezioni, nel 2025 gli incassi toccheranno un nuovo massimo storico di 1 miliardo e 186 milioni di euro, con un balzo del 15,8% rispetto all’anno precedente. E le stime per il 2026 parlano già di 1,3 miliardi, spinti dall’aumento delle tariffe e dall’estensione dei periodi di applicazione.

Tassa di soggiorno, record di incassi ma polemiche accese

Una crescita che lascia impressionati se si pensa che nel 2011, primo anno di adozione, i soli 13 Comuni che introdussero la tassa incassarono appena 77 milioni. Dopo la battuta d’arresto dovuta alla pandemia, con i minimi storici del 2020 e 2021 (192 e 263 milioni), il gettito è esploso nel 2022, superando i 628 milioni e inaugurando una ripresa vertiginosa.

La nuova miccia delle polemiche è la misura contenuta nel decreto “anticipi”, che proroga l’aumento dell’imposta ma stabilisce che il 30% del gettito aggiuntivo venga destinato al bilancio statale per finanziare il fondo per l’inclusione delle persone con disabilità e quello per l’assistenza ai minori. Un obiettivo dichiaratamente sociale, ma che molti enti locali e operatori considerano una “sottrazione indebita” di risorse ai territori.

Durissima la reazione dell’ANCI, con il presidente Gaetano Manfredi
che parla di una “soluzione tampone” priva di certezza nei numeri. Secondo Manfredi, il Governo “scarica sui bilanci comunali una spesa che spetta allo Stato”, riferendosi ai servizi per minori e disabili. L’imposta di soggiorno, sottolinea, “non può diventare il bancomat dello Stato per coprire costi non di competenza comunale”.

Anche il Partito Democratico si schiera contro la misura. La deputata Silvia Roggiani denuncia che “il turismo genera ricchezza che finisce allo Stato, mentre ai Comuni restano i costi e gli effetti dell’overtourism”. La vice capogruppo Simona Bonafè definisce la scelta “un grave errore”, perché sottrae ai Comuni fondi destinati a servizi e sviluppo locale.

A unirsi al fronte del no sono anche le associazioni di categoria. Per Vittorio Messina, presidente di Assoturismo Confesercenti (in foto), il provvedimento è “assurdo”, soprattutto in una fase di stagnazione della domanda interna. La tassa, aggiunge, “è ormai diventata un’imposta sui turisti, una sorta di addizionale sulle presenze, invece che uno strumento per migliorare l’offerta”.

Sulla stessa linea Federalberghi, che chiede di destinare una parte del gettito alla riqualificazione delle strutture ricettive e alla riduzione degli oneri amministrativi che gravano sugli operatori incaricati della riscossione. “La tassa di soggiorno era nata per finanziare investimenti turistici - ricordano gli albergatori -ma di questi investimenti, finora, se ne sono visti pochissimi”.

Infine, si aggiunge la voce dei consumatori. Il Codacons parla di “mancanza di trasparenza” nella gestione dei fondi e teme che gli introiti vengano usati per coprire buchi di bilancio, in contrasto con la normativa che ne vincola la destinazione a scopi turistici. “Un aumento dell’imposta - avverte l’associazione -rappresenterebbe un danno per il turismo e per l’immagine del Paese”.
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