Attualità

Ma lo stato indegno delle carceri interessa veramente al Governo?

Diego Minuti
 
Ma lo stato indegno delle carceri interessa veramente al Governo?

Oramai ci abbiamo fatto l'abitudine e, quando non arrivano notizie su fatti incresciosi che accadono dentro una delle carceri italiane, quasi ci si sorprende. Eppure, mettendo da parte la facile ironia, siamo quasi costretti a parlare del nostro ''sistema carceri'', delle condizioni inaccettabili che accomunano chi finisce in una cella e chi, per conto dello Stato, deve controllare che ci resti.
L'ultima eco del disagio dentro il sistema carcerario arriva da un reclusorio del Lazio, dove una rivolta di detenuti si è tradotta in una sala incendiata e in una mezza dozzina di agenti della Penitenziaria che sono stati costretti a farsi medicare.

Ma lo stato indegno delle carceri interessa veramente al Governo?

Quasi una bazzecola, se messa a confronto con altre vicende che hanno, nelle carceri, cuore e causa e che non meriterebbero commento alcuno. Non tanto perché sono frequenti sino alla noia (termine irriguardoso, visto di cosa stiamo parlando, ma è così), ma perché il pensiero comune è che è un problema che potrebbe avere soluzioni chiare, pur se non a portata di mano, ma che almeno, se avviate, darebbero un segnale sulla volontà del Governo di agire.

Parliamo del Governo di oggi come erede di quelli precedenti, con i quali deve dividere parte delle responsabilità. Ma, a nostro avviso, la gravità del momento è che, dopo quasi tre anni dall'insediamento dell'esecutivo guidato da Giorgia Meloni, pochi dei problemi delle nostre carcere sono stati risolti. Tanto che dentro le carceri spesso non esistono regole che non siano quelle dettate dal ricorso alla violenza, dalla connivenza, dalla complicità, dal comodo girarsi e non guardare mentre si compiono inenarrabili nefandezze.

Ma per il Guardasigilli, evidentemente, le priorità sono altre, e noi rispettiamo le sue idee, pur non condividendole, ma, allo steso tempo, dobbiamo rimarcare che, se Nordio spinge con determinazione verso la separazione delle carriere - che ritiene fondamentale per riformare in melius la Giustizia -, lo stesso impegno ce lo saremmo aspettato per cercare di alleviare la situazione che vivono detenuti e agenti della Penitenziaria, almeno, parlando di questi ultimi, di quelli, la maggioranza, che svolgono con onestà il loro gravoso compito.

Si parla tanto di sovraffollamento, ma non solo il problema non è stato risolto, ma anzi pare aggravarsi, a fronte di un organico della Penitenziaria falcidiato da vuoti che rendono impossibile sottrarsi alla pratica dei turni continuati, che diventano massacranti e che, per paradossale che possa apparire, sono essi stessi una concausa dei problemi.

Che fine hanno fatto le promesse? Lo chiediamo al Guardasigilli che, capiamo benissimo, in questi giorni ha ben altro a cui pensare che non a decine di migliaia di prigionieri - ci mettiamo dentro anche quelli in divisa che in carcere ci lavorano, non pagano per quello che hanno fatto - che, in questi giorni di caldo infernale, vivono una condizione che con il concetto di rispetto della persona umana poco o nulla hanno a che spartire.
Sembra quasi di sentire quella frase orrenda, attribuita a Maria Antonietta, che non l'ha manco pensata, figuriamoci detta, secondo cui se non c'è pane si possono mangiare brioche.

Qui il concetto è simile: se non ce la fanno a stare dentro una cella, dove sono finiti per colpe loro, si arrangino. E se poi c'è un giudice di sorveglianza che concede ad un galantuomo, condannato a 11 anni per avere causato la morte di sei persone, di andare a discutere la tesi di laurea senza essere sorvegliato da agenti e, che, chiamalo stupido, ne ha approfittato per scappare, la sola cosa che arriva dal Ministero è una relazione sull'accaduto, quando forse il Guardasigilli avrebbe dovuto tuonare pubblicamente contro questo insulto alla memoria delle vittime e ai loro familiari, frutto di una inspiegabile sottovalutazione del profilo criminale dell'evaso in fuga da giorni.

Forse da Nordio, piuttosto che aristocratico distacco dalle cose di questo mondo, ci si sarebbe aspettata una sana incazzatura. Ma evidentemente ha altre cose di cui occuparsi, che non della sorte di migliaia di uomini e donne, in divisa e no, che vivono quotidianamente in un clima di disagio, che fa quasi rima con oltraggio della dignità di ognuno.

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