I do solemnly swear that I faithfully execute the office of President of the United States and will to the best of my ability preserve, protect and defend the Constitution of the United States. So help me God.
Giuro solennemente svolgerò fedelmente il ruolo di Presidente degli Stati Uniti e che preserverò, proteggerò e difenderò al meglio delle mie possibilità la Costituzione degli Stati Uniti. Che Dio mi aiuti.
Ripetendo una formula vecchia di secoli e che mantiene intatta la forza che sottintendeva quando gli Stati Uniti diventarono una nazionale, Donald Trump ha giurato da presidente degli Stati Uniti, cominciando il secondo mandato con una cerimonia che, svolgendosi per il troppo freddo dentro il Campidoglio, gli ha forse negato l'orgoglio di vedere la spianata davanti all'edificio ribollente per l'entusiasmo dei suoi sostenitori.
È cominciato, oggi, quindi, ufficialmente il secondo mandato di quello che Trump troppo spesso ha inteso come un regno, al punto da considerare chi lo ha criticato - e magari continuerà a farlo - colpevole di lesa maestà.
Al punto che, appena poche ore prima che il presidente ponesse la mano sulla bibbia per pronunciare la formula di giuramento, il suo fresco predecessore gli ha sfilato davanti agli occhi uno di quelli che dovrebbero essere i primi atti del presidente: la campagna per farla pagare a coloro che, negli ultimi quattro anni, hanno osato metterglisi contro con le loro azioni, ai quali Biden ha concesso, certo non senza qualche mugugno anche in casa democratica, la grazia preventiva, una delle prerogative presidenziali.
Alla cerimonia del giuramento era presente anche Giorgia Meloni. ''Penso - ha detto il presidente del Consiglio - che sia estremamente importante per una nazione come l'Italia, che ha rapporti estremamente solidi con gli Stati Uniti, dare una testimonianza della volontà di continuare e, semmai, rafforzare quella relazione in un tempo in cui le sfide sono globali e interconnesse''.
E il resto dei grandi della Terra?
Tutto secondo copione, con messaggi augurali da parte degli assenti per volontà propria o oggettive difficoltà di carattere diplomatico (come il presidente russo Vladimir Putin, che potrebbe incontrare presto) e puntute prese di distanza da parte di chi a Washington non c'era per motivi ''politici'' e ha comunque fatto sentire lo stesso la propria voce.
Come quella possente di papa Francesco che, nel messaggio a Trump, oltre ad assicurargli le sue preghiere e a sperare la prosperità per il popolo americano, dice di sperare che il presidente americano si impegni per ''una società più giusta, senza odio, discriminazione ed esclusione'' che, per chi si appresta a espulsioni di massa di immigrati irregolari, forse non è suonato come un incitamento.
Mentre da Bruxelles si fa sapere che si sta lavorando per un incontro, prima possibile, tra Trump e la presidente Ursula von der Leyen, l'Unione europea sarà rappresentata dal capo della delegazione diplomatica a Washington.
Un allarme giunge, invece, dal primo ministro francese, Francois Bayrou, secondo il quale ''gli Stati Uniti hanno adottato una politica incredibilmente dominante per quanto riguarda il dollaro, per la politica industriale, per quanto riguarda la ricerca e gli investimenti''. Per poi aggiungere: ''Se non facciamo nulla, saremo dominati, schiacciati ed emarginati. Questa decisione spetta a noi, ai francesi e agli europei, perché senza l'Europa non è possibile, dobbiamo unirci''.
Non sono state dolci nemmeno le parole del cancelliere tedesco dimissionario, Olaf Scholz, che ha detto, riferendosi a Trump: ''Vorrei consigliare a tutti di mantenere sempre la schiena dritta'', con esplicito riferimento alle ''rivendicazioni territoriali'' del presidente americano verso Groenlandia, Panama e Canada. ''Credo che questo sia un aspetto che ci accompagnerà nel prossimo futuro. Bisogna essere chiari sulla questione", ha detto Scholz.