Certo è stanco, perché le due settimane degli Australian Open, tra partite ravvicinate, stress agonistico e malanni vari, sono state molto pesanti, tanto d'avere rischiato anche di doversi ritirare.
Ma questo poco o nulla giustifica della decisione di Yannik Sinner di disertare la cerimonia che, al Quirinale, ha celebrato i successi del tennis italiano, davanti a Sergio Mattarella che, oltre che essere presidente della Repubblica, è anche uomo di sport. Come dimostra in ogni occasione e che per le vittore del ''rosso'' di San Candido, ha gioito con l'Italia della racchetta e anche con quella che vede le partite in televisione.
Sinner ha giustificato la sua defezione con lo stress, non solo fisico, accumulato in Australia e quindi con l'assoluta necessità che riposi, secondo quelle che sono state le indicazioni dei medici, che curano il suo corpo come fossero restauratori della Cappella Sistina alle prese con l'opera di Michelangelo.
Sinner dice no al Quirinale: grande in campo, fuori un po' meno
C'è però una linea che non crediamo si possa superare: quella del rispetto che non si doveva solo al presidente della Repubblica, ma anche verso gli altri azzurri che, certo non raggiungendo i suoi traguardi, hanno - come si usa dire - tenuto alto il vessillo tricolore.
Non presenziare alla cerimonia di Roma non è stato un bel gesto, e forse neanche molto intelligente perché, anche se non ce n'era affatto bisogno, ha alimentato le polemiche che, intorno alle scelte di vita di Sinner, sono state fatte in passato e che ciclicamente tornano.
Quindi qui non c'entra nulla il campione, che in campo dimostra tutto il suo valore, ma il modo in cui gestisce la sua immagine. Perché, se sta capitalizzando al massimo livello la fama conquistata con la racchetta in mano (è ormai una macchina per pubblicità, spaziando dal credito, al caffè, alla pasta, alla telefonia e anche ad altro, probabilmente), non altrettanto riesce a fare con il suo essere ''italiano'' e quindi emblema ed esempio per migliaia di ragazzini che cercano di imitarlo, correndo da questa parte e dall'altra del campo, avendo davanti agli occhi i suoi straordinari colpi.
Ai medici, che gli hanno detto di fermarsi per riposare, lui ha detto sì, per salvaguardare il suo stato fisico.
Ma, ci chiediamo, gli sarebbe costato tanto essere, per poche ore, con i suoi amici nella festa del tennis, tenuto conto di chi ne era l'ospite e il luogo?
I comuni mortali forse avrebbero detto che il trasferimento era pesante, tra voli e spostamenti. Ma a chi, di soli premi per la partecipazione ai tornei alla sua giovane età, ha già incassato quasi 40 milioni di euro sarebbe stato troppo chiedere un sacrificio, magari viaggiando con un volo privato, solo per il piacere di essere davanti al capo dello Stato?
Lui, che da anni ha la sua residenza a Montecarlo, con tutti i privilegi fiscali che questo comporta, dovrebbe forse prestare maggiore attenzione ai suoi comportamenti, che non sono quelli nello sport, ma anche nella vita. Se, come dice, è per lui un orgoglio essere d'esempio a chi è più giovane di lui (ma anche a chi non lo è, ma lo vede sempre come un'icona del tennis), lo sia anche fuori dalle righe che segnano i confini del campo.
Faccia vedere che le sue non sono solo parole, che lui si sente italiano per il semplice motivo che è italiano.