Economia

La sicurezza come motore economico, l’Italia perde 25 miliardi l’anno per l’insicurezza

Redazione
 
La sicurezza come motore economico, l’Italia perde 25 miliardi l’anno per l’insicurezza
La sicurezza non è soltanto una questione sociale, è una variabile economica che plasma investimenti, produttività, lavoro e competitività. In Italia, il costo dell’insicurezza, urbana, economica e digitale, supera i 25 miliardi di euro l’anno, pari all’1,2% del Pil. È una cifra che fornisce l’immagine di un Paese dove criminalità, illegalità diffusa e vulnerabilità informatica sottraggono risorse a imprese e famiglie, rallentando la crescita e indebolendo la fiducia nei territori.

La sicurezza come motore economico, l’Italia perde 25 miliardi l’anno per l’insicurezza

Secondo l’analisi del Centro studi di Unimpresa, il peso dell’economia illegale e sommersa sfiora i 190 miliardi di euro, erodendo concorrenza e produttività, mentre il fatturato occulto delle infiltrazioni criminali supera i 40 miliardi. In questo contesto, la sicurezza si rivela un vero fattore competitivo: nelle province con minore criminalità, il tasso di occupazione è mediamente più alto di 6 punti percentuali rispetto alle aree più esposte a furti, rapine, estorsioni e degrado urbano.

Le imprese italiane sostengono ogni anno oltre 6 miliardi di euro di spese per proteggersi: videosorveglianza, allarmi, vigilanza privata, sistemi digitali. Un esercente su due ha subito almeno un episodio di furto o danneggiamento negli ultimi tre anni, con perdite medie di 5.000 euro a evento. Nelle periferie più fragili, il degrado urbano pesa anche sul tessuto commerciale, oltre il 12% delle chiusure di negozi viene attribuito direttamente all’insicurezza.

L’effetto sugli investimenti è immediato. Nelle aree ad alta criminalità, gli investimenti privati calano del 14% e la densità imprenditoriale risulta inferiore del 10%. Anche il costo del credito risente della percezione di rischio. Le imprese situate in regioni con livelli più elevati di insicurezza pagano fino a 0,8 punti percentuali in più sui finanziamenti bancari, un aggravio che comprime la capacità di innovare e assumere.

L’impatto si riflette anche sul valore immobiliare. Le abitazioni nelle zone percepite come insicure valgono in media tra il 20% e il 25% in meno rispetto ai quartieri più controllati e riqualificati. È il segnale di un divario crescente fra territori capaci di attrarre investimenti e città che faticano a trattenere residenti, imprese, turismo. La percezione di sicurezza incide per il 27% sulla scelta delle destinazioni, non a caso, città come Bolzano, Trento o Trieste, ai vertici per bassa microcriminalità, registrano soggiorni turistici più lunghi rispetto alla media nazionale.

La nuova frontiera dell’insicurezza è però digitale. Nel solo 2024 le aziende italiane hanno subito oltre 400mila attacchi informatici, con danni stimati in 10 miliardi di euro. Il 60% delle vittime è rappresentato da piccole e medie imprese, spesso prive di sistemi di protezione adeguati. Un ransomware può bloccare linee produttive, sottrarre dati sensibili, compromettere reputazioni, un singolo attacco può costare mesi di attività.

Accanto alla dimensione economica, emerge il peso della sicurezza del lavoro. Oltre tre lavoratori su dieci operano in condizioni di irregolarità parziale o totale, una condizione che altera la concorrenza, alimenta insicurezza sociale e frena la crescita. Le imprese che rispettano le regole, al contrario, generano fiducia e stabilità, le basi stesse della competitività.

Per questo, secondo il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, la sicurezza deve diventare una vera e propria politica economica nazionale: “La sicurezza non è solo una condizione di libertà: è un motore economico. La crescita nasce dalla fiducia. La sicurezza è il cemento della convivenza civile e dell’economia». Longobardi richiama a un cambio di paradigma: «Lo Stato deve considerare la sicurezza come una politica industriale, non solo come una funzione repressiva. Proteggere i dati e il lavoro digitale è indispensabile come presidiare il territorio”.
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