Massimo D'Alema, che, quanto a lingua tagliente, ha ben pochi rivali nel panorama della politica italiana degli ultimi decenni, quando volle apostrofare un avversario politico che non era (e non è ancora...) fisicamente un gigante, pur avendo sempre una postura dialetticamente parlando molto aggressiva, lo etichettò come ''energumeno tascabile''. Probabilmente, con questa definizione, D'Alema volle identificare chi cerca di nascondere le evidenze affidandosi a proposte roboanti o a frasi ad effetto, che poco o nulla hanno di concreto.
Scudo penale per le forze dell'ordine? Forse è meglio ripensarci
Oggi sembra si possa dire questo per l'ipotesi, ancora allo studio, di uno scudo penale che il governo vuole concedere agli appartenenti delle forze dell'ordine. Si tratterebbe, in pratica, di un modo per evitare che l'agente di polizia, il carabiniere o il finanziere impiegati in attività di servizio che facciano ricorso alle armi in loro dotazione siano, in caso di danno, reale o potenziale, iscritti nel registro degli indagati, come tutti i cittadini ''normali''.
Una misura che pare essere presa sulla spinta emozionale, di recenti o antichi episodi, ma che desta più d'una perplessità, sancendo l'ipotetica nascita di una categoria di privilegiati, alla quale, siamo sinceramente convinti, gli stessi beneficiari hanno difficoltà a ritrovarsi.
Perché se è giusto che lo Stato tuteli i suoi cittadini - tutti, sia che indossino una divisa o meno -, dall'altro appare fondato nutrire il sospetto che il provvedimento in fase di elaborazione possa creare, sia pure ipoteticamente, una condizione psicologica che spinga a fare ricorso alla forza, anche quando non ce ne sia la necessità, sentendosi garantiti dallo ''scudo'' legislativo.
Una bolla di iniziale immunità (iniziale, perché poi un processo eventualmente bisognerà pure affrontarlo) che non ha, a nostro modestissimo avviso, alcuna ragione di essere creata posto che non ci può essere, nel nostro ordinamento giuridico, una norma che ''aiuti'' a superare/rinviare il cosiddetto rigore della legge chi è, invece, chiamato a farla rispettare.
Una forzatura innaturale perché le leggi ci sono, a garanzia di tutti, senza che si avverta la necessità o l'urgenza di crearne ad hoc, in apparente spregio a quel ''La legge è uguale per tutti'' che campeggia nella maggior parte delle aule di giustizia.