Alzi la mano chi, fino a poche settimane fa, era a conoscenza dell'esistenza di Carla Zambelli, la parlamentare brasiliana contro cui la Corte suprema del Paese sudamericano ha emesso un ordine di cattura internazionale, eseguito a Roma.
Arrestata parlamentare brasiliana amica di Bolsonaro: Salvini vuole andarla a trovare in carcere
Carla Zambelli, che ha la doppia cittadinanza, secondo la polizia brasiliana aveva lasciato il Paese il 25 maggio arrivando, quindi in Italia (passando per l'Argentina e gli Stati Uniti) dove, avrebbe detto, aveva intenzione di proseguire la sua attività politica, dopo che in patria era stata il braccio destro politico dell'ex presidente Jair Bolsonaro, a sua volta accusato di un tentativo di colpo di Stato.
Con l'accusa di avere violato il sistema informatico del Consiglio nazionale di giustizia brasiliano, Carla Zambelli è stata condannata a dieci anni di reclusione e, quindi, fatto oggetto di un ordine di cattura al quale era riuscita a sfuggire prima di essere arrestata ieri sera in un appartamento a Roma.
Prima degli agenti, a sapere dove si trovava erano stati il deputato di AVS Angelo Bonelli, come aveva detto sui social, e Repubblica, che l'ha anche intervistata.
Tra le cose che Zambelli ha detto nell'intervista, due sono interessanti. La prima è che di fatto si è candidata a concorrere alle elezioni nazionali italiane, in un partito di destra; la seconda è che ''Flavio Bolsonaro, il figlio del presidente, ha parlato con Matteo Salvini della mia situazione. Ma non so se Salvini gli abbia promesso qualcosa. Ma non siamo amici. Mi aspettavo qualcosa di più''.
Una affermazione che, se umanamente comprensibile, lo è meno dal punto di vista politico, perché, a stretto giro di posta, Salvini ha fatto sapere al mondo, attraverso i suoi canali di comunicazione del Ministero dei Trasporti, che vuole andare a trovarla in carcere.
Ora non dovendoci più sorprendere se ci si candida per sfuggire alla galera (di casi in Italia ce ne sono stati e ce ne sono anche troppi), la cosa che fa pensare è che Carla Zambelli abbia menzionato un ministro del nostro governo - anzi un vicepremier - come il possibile, sperato risolutore della sua vicenda, che è giudiziaria prima ancora che politica.
Una vicenda dall'esito che, peraltro, era abbastanza scontato, visto che i rapporti tra la Giustizia brasiliana e quella italiana si sono rasserenati dopo qualche tensione relativa a pregiudicati e ricercati italiani che non erano stati estradati, secondo le istanze della nostra magistratura.
Ma è la pronta risposta di Matteo Salvini all'accorato grido d'aiuto della Zambelli a destare qualche perplessità.
Quando un parlamentare, che ha questo nelle sue prerogative, decide di visitare un carcere e un detenuto specifico, lo fa indossando l'abito del politico. E il gesto di Salvini, che può anche avere motivazioni umanitarie, appare proprio questo, e la spiegazione sta nella contiguità ideologica con Bolsonaro, ex presidente del Brasile.
Fermo restando che in carcere si può incontrare, da eletto, chi si vuole, ma era proprio il caso che Salvini lo decidesse dopo l'imbarazzante rivelazione di Carla Zambelli in merito al fatto che il segretario leghista sia stato sensibilizzato ad intervenire sulla vicenda dal figlio di Bolsonaro?
I parlamentari che visitano detenuti lo fanno come parte della loro condotta politica, non per risolvere il problema del singolo, a meno che questo stesso problema si inserisca in una tematica generale. Questo dovrebbe essere, ma noi viviamo nel mondo reale.